- Titolo: La peste invocata da David
- Autore: Alessandro Alberganti
- Data: 1786 (II premio)
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 97 x 135
- Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
- Inventario: 937
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: L'Accademia
La seconda corona del concorso del 1786 “fu aggiudicata al Quadro, sotto cui leggevasi il verso di Virgilio: “Dira per incautum serpunt contagia vulgus” (Pellegri 1988, p. 202).
L’autore è Alessandro Alberganti, pittore di origine valsesiana (Debiaggi 1968, p. 1) che si forma nella classe di Benigno Bossi all’Accademia di Parma, ereditando dal maestro la passione per l’arte del ’500, per Correggio e soprattutto per Parmigianino. Vincitore nel 1783 del primo premio per il disegno del Nudo e per il disegno di Composizione con Ettore Andromaca e la nutrice, partecipa alla prova di pittura dell’86 con un’opera strutturalmente piuttosto complessa (“ricca, felice e immaginosa” secondo i giudici del concorso) che cerca espressamente – a differenza di quella di Daelli – il confronto con il Morbetto di Raffaello.
Il pittore sceglie infatti per la sua tela un ampio fondale architettonico tripartito che conferisce profondità alla scena, ma in diagonale, da sinistra verso destra. Le figure si distribuiscono in primo piano, in due blocchi principali: al compatto gruppo di personaggi a sinistra, si affianca il secondo, articolato in maniera varia, sintattica quasi a sostenere il movimento trasversale della composizione già suggerito dalle architetture. Nella mimica e nella resa delle figure, poi, il dialogo di Alberganti con Raffaello si fa ancora più serrato e il pittore “cita” il maestro costantemente: nel giovane di spalle al centro della composizione, per esempio, o nel soldato che si protegge il viso o ancora nell’uomo con la schiena nuda, curva, sull’estrema sinistra del quadro.
Il pennello del giovane artista appare in genere piuttosto incerto e incostante – sebbene l’abate Zani lo ricordasse come un “valente prodigio nelle arti del disegno” (in Scarabelli Zunti fine del XIX secolo, Documenti…, p. 3) – e, a brani di eleganza disegnativa neoparmigianinesca (in particolare la graziosa figura femminile in giallo e rosso sulla sinistra) si alternano episodi molto meno felici come la fanciulla in luce, al centro della tela. La “blanda qualità” dell’opera (Cirillo – Godi 1979d, p. 37) è riscattata, talvolta, da vivaci accostamenti cromatici e dalla scelta di caldi toni di colore (i rosa, gli azzurri, i gialli, i verdi, i rossi) che aiutano Alberganti ad “ammorbidire e fondere i contorni” (Allegri Tassoni 1979, p. 211) e a restituire effetti di “sofficità materica” alle figure, giocate su moduli “mollemente settecenteschi a imitazione del maestro Benigno Bossi” (Cirillo – Godi, cit.).