• Titolo: Isabella di Borbone
  • Autore: Jean-Baptiste Boudard
  • Data: 1760
  • Tecnica: Marmo di Carrara, colonna in marmo grigio venato
  • Dimensioni: h cm 82, h cm 127 (colonna di sostegno)
  • Provenienza: collezioni borboniche; Parma, Accademia di Belle Arti; Biblioteca Palatina dal 1856; Museo di Antichità dal 1894; in Galleria dopo il 1958
  • Inventario: 1864
  • Genere: Scultura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: L'Accademia

“Ella è bella, gentile, piena di decoro senza la menoma affettazione, parla con molto brio e buon senso, intende tutto quello che le si dice in tedesco… da discorsi con questa Augusta Principessa tenuti veggo che la bellezza dell’animo corrisponde a maraviglia con quella che da tutti viene ammirata nel suo esteriore. Ella ha sentimenti grandi, nobili e sensati; ella ama molto la lettura senza voler essere creduta dotta; ella si diverte di musica, sona il violino senza in nulla sconcertarsi; il suo gran piacere è di essere generosa ed il suo tenue borsiglio di 3600 lire all’anno è quasi tutto distribuito ai poveri…” (Masnovo 1914, p. 196).

Questo bel ritratto di Isabella di Borbone (Madrid 1741-Vienna 1763) è contenuto in una lettera, risalente al marzo del 1760, del conte Carlo di Firmian, appena giunto a Parma su incarico dell’imperatrice Maria Teresa per dare gli ultimi ritocchi alle trattative per le nozze dell’Infanta con l’arciduca Giuseppe (il futuro imperatore Giuseppe II), che sarebbero state celebrate per procura il 7 settembre di quello stesso anno nella città emiliana. Proprio in quei mesi deve essere stato commissionato a Jean-Baptiste Boudard, scultore ufficiale della Corte di Don Filippo, il ritratto in marmo della futura arciduchessa, che reca infatti, appuntato sullo scollo della veste, un cammeo con il profilo del marito. Lo scultore francese ricorda il busto, per cui ricevette in pagamento 10.000 lire di Parma, in un suo conto d’opere eseguite su commissione del duca, alla data del 1 luglio 1761: “Le buste de Madame l’Archiduchesse en marbre blanc, de proportion naturelle, posé sur une gaine en colonne, ornée de cannelures et de guirlandes” (ASP, Computisteria borbonica, Fili correnti, b. 653B).

Il ritratto è colmo di grazia e di aristocratico riserbo e i dubbi sulla sua autografia, in passato avanzati a causa dell’assenza della firma, appaiono ingiustificati: è un’opera in tutto degna del lieve e raffinato scalpello del Boudard. La giovane principessa (aveva poco meno di vent’anni) – il capo lievemente reclinato e rivolto a destra, gli occhi profondi e malinconici, la bocca sottile e ben segnata, i capelli tirati indietro sulla fronte e trattenuti da un elegante diadema di perle – indossa una veste con ampio scollo, sotto la quale sbuca una sottile camicia bordata di pizzo, ed è avvolta in un mantello ornato di pelliccia all’interno e trattenuto da una fibbia sulla spalla destra. È un lavoro di notevole intensità e finezza psicologica, che abilmente sa mantenersi in delicato equilibrio tra levigata stilizzazione ufficiale e sobrio afflato realistico, dimostrando quanto Boudard si muovesse in perfetta sintonia d’intenti con la migliore ritrattistica francese dell’età di Luigi XV, fra Jean-Baptiste Pigalle e Jean-Jacques Caffieri, quasi in anticipo sulla più aperta svolta naturalistica degli scultori di fine secolo, da Pajou ad Houdon.

Un bel disegno ancora inedito (Parma, collezione privata), attribuibile con certezza al Petitot, che ritrae il busto dell’arciduchessa sulla sua colonna, consente di chiarire che fu l’architetto francese l’ideatore dell’elegantissima base, testimonianza significativa d’un rapporto di collaborazione sperimentato anche altrove nelle opere parmensi dei due artisti, senza dubbio favorito da una perfetta sintonia di gusto e di cultura. L’invenzione è in tutto degna del genio decorativo dell’architetto: il piedistallo non è altro che un tronco di colonna scanalata con base ionica, in parte fasciata da una sporgenza liscia, ornata da ghirlande e nastri appesi a rotelle sporgenti.

È Carlo Innocenzo Frugoni, in uno dei suoi pomposi sonetti (Frugoni 1779, I, p. 234, n. CCXXXII), a informarci che il “busto di marmo sopra nobile piedistallo” dell’Infanta era destinato a prendere posto nella Sala delle Adunanze dell’appena nata Accademia Parmense di Belle Arti: qui, prima d’esser raggiunto qualche tempo dopo dal busto del padre Don Filippo (cfr. scheda successiva), venne esposto in un singolare allestimento, accanto al pastello con la Carità romana eseguito dalla stessa Infanta su modello del suo maestro di disegno Giuseppe Baldrighi, sotto cui era appeso il sonetto del Frugoni (Inventario… 21 giugno 1791, c. 1v, nn. 18-19). Nel maggio del 1769, nel corso della visita di Giuseppe II a Parma, l’imperatore si fermò commosso all’Accademia dinanzi al busto che ritraeva la moglie defunta, versando anche – come ci narra una cronaca del tempo – qualche lacrima di rimpianto per la bella sposa rapitagli dal vaiolo (Drei 1938, p. 118).

Successivi inventari dei beni dell’Accademia, per quasi tutto l’800, testimoniano che il ritratto di Isabella stava sempre accanto a quello di Don Filippo (Archivio dell’Accademia, Inventari 1 [1758-1852], cart. A, b. 7, fasc. 3, c. 1 [prima del 1802]; cart. B, b. 1, c. 14 [1819]; cart. B, b. 5, nn. 543-544 [post 1821]; Inventari 3 [1870], b. 4, nn. 225, 227). L’8 maggio del 1856 venne consegnato a titolo di deposito temporaneo, insieme al busto del padre, alla Biblioteca Palatina, e insieme furono collocati ai lati dell’orologio a pendolo.
Il 18 gennaio del 1894 (documento nell’Archivio del Museo Archeologico di Parma) entrambi i busti vennero ceduti da Corrado Ricci a Giovanni Mariotti, e passarono così dalla Regia Pinacoteca al nuovo Museo di Antichità, dove nel 1940 erano esposti – insieme ad altri ritratti borbonici – nella sala XV (Monaco 1940, p. 15). Allo smembramento del Museo nei primi anni Sessanta, con la nuova suddivisione delle collezioni, i due marmi entrarono definitivamente in Galleria Nazionale, dove sono stati conservati nei depositi fino al nuovo allestimento inaugurato nel 1991.

Bibliografia
Monaco 1940, p. 15;
Mostra del Bodoni 1940, p. 15, n. 11;
Papaldo 1971b, p. 517;
Pellegri 1976, pp. 112-114, 202-203;
Barocelli 1990, pp. 96, 235-236, n. 37;
Scherf 1996, p. 521;
Lasagni 1999, I, p. 719
Restauri
1991 (I. Agostinelli e M. Papotti) 
Mostre
Parma 1940
Davide Gasparotto, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.