La tavola è ricordata genericamente nei primi cataloghi della Galleria come opera di scuola toscana del XIV secolo. Successivamente il Berenson (1932) ne suggerì una dubitativa attribuzione al Maestro del Bambino Vispo che fu accettata dalla critica e permise alla van Waadenoijen (1983) di riconoscere l’opera a Gherardo Starnina, il pittore in cui la studiosa fu in grado di identificare l’autore del corpus già riferito all’anonimo Maestro.

Oltre a una essenzialità memore della tradizione giottesca nella semplicità della composizione, l’opera rivela anche certe caratteristiche di raffinatezza legate al linguaggio “internazionale” e dovute certamente al soggiorno spagnolo dello Starnina (ricordato dal Vasari e documentato dal 1395 al 1401). Caratteristiche ben evidenti nel delicato modellato dei volti, nell’esuberante decorazione dorata dei due morbidi cuscini e del tessuto che ricopre il pancale, nella grazia dei movimenti, nel vivace gioco del lembo del manto della Madonna e nella luminosità dei colori estremamente ricercati.

Recentemente il Kanter (1994) ha proposto di individuare in questa Incoronazione il centro di un polittico che, in origine, avrebbe avuto sul lato sinistro i Santi Vincenzo e Stefano del Museum of Fine Arts di Boston  (sormontati dal pannello con Isaia e due angeli dello stesso museo) e su quello destro il San Lorenzo della collezione Perkins di Assisi e il Sant’Antonio abate di ubicazione ignota pubblicato dalla Sricchia Santoro (1976, p. 26; sormontati dal pannello con Geremia e due angeli del citato Museo di Boston). Tuttavia alla stessa serie dei santi appartengono anche un San Giovanni Battista e un Santo vescovo pubblicati dallo Zeri (1988, pp. 34, 35), i quali, tenuto conto della disposizione prospettica del rivestimento pavimentale, dovevano avere una collocazione centrale rispetto alle altre due coppie. Pertanto è lecito dubitare della ricostruzione proposta dal Kanter. I sei santi, considerate anche le dimensioni non troppo grandi, potrebbero invece costituire il registro superiore di un polittico di notevoli proporzioni, senza avere nessun legame con la tavola di Parma.

Per quest’ultima è peraltro importante osservare che è da scartare una provenienza dalla collezione Tacoli Canacci, in quanto il dipinto non è menzionato nel Catalogo del 1790-1792, né è corredato, sul retro, del cartellino “Etruria pittrice” che spesso contraddistingue le opere appartenute al marchese. È quindi possibile che si tratti di uno dei fondi oro giunti a Parma da Lucca tramite i Borbone, in seguito al loro soggiorno nella città toscana, tanto che la sua prima testimonianza nella Galleria risale al 1872 (per l’ipotesi della provenienza lucchese di alcuni fondi oro della Galleria di Parma, si vedano Zeri 1976, p. 42; Talignani 1986, p. 38).

È dunque ammissibile supporre che l’Incoronazione costituisse in origine una parte del polittico eseguito dallo Starnina per Lucca (González Palacios 1971b, pp. 3-5) e composto da un pannello centrale rappresentante la Dormitio Virginis e l’Assunzione (scene divise rispettivamente fra la collezione Johnson di Filadelfia e il Fogg Art Museum della Harvard University e che insieme misurano cm 185 x 91) e dai due laterali, ognuno con tre santi (a sinistra Michele, Giacomo maggiore e Giovanni Battista; a destra Giovanni Evangelista, Pietro e Paolo), conservati a Lucca nel Museo di Villa Guinigi (entrambi della misura di cm 131 x 60). Il polittico, secondo il Rowlands (1996), doveva avere anche una predella formata dall’Adorazione dei pastori già in collezione Viezzoli a Genova (cm 31,5 x 49,5), dall’Adorazione dei Magi del Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City (cm 31,5 x 78) e da una Presentazione di Cristo al Tempio già a Berlino (cm 31 x 50).

Ora, tenuto conto delle dimensioni dell’insieme, il nostro dipinto potrebbe ben rappresentare la cuspide del polittico lucchese. Tanto più che la collocazione dell’episodio dell’Incoronazione della Vergine al di sopra dell’Assunzione verrebbe a chiudere il ciclo mariano, così come avviene nel polittico di Niccolò Gerini e Pietro Nelli in Santa Maria all’Impruneta e in quello di Taddeo di Bartolo a Montepulciano. Ovviamente ai lati dell’Incoronazione, al di sopra dei laterali di Villa Guinigi, il polittico doveva concludersi con due guglie, non ancora identificate, raffiguranti un Angelo annunciante e una Vergine annunciata.

Il fondo oro parmense peraltro condivide molti elementi con il pannello Johnson-Fogg, dalla foggia dei punzoni delle aureole e dalle forme dei volti del Cristo e di alcuni angeli, fino al tessuto rosso bulinato con cerchi dorati allo stesso modo di quello del sudario della Vergine.

González Palacios (1971b) ha giustamente notato la diretta ispirazione del polittico dello Starnina a un’opera di Angelo Puccinelli datata 1386 e attualmente smembrata, il cui pannello centrale, raffigurante la Dormitio e l’Assunzione della Vergine, è conservato in Santa Maria Forisportam a Lucca. Certo è che nella città dei Guinigi l’iconografia dell’Assunzione della Vergine doveva avere una particolare fortuna, ispirandosi con molta probabilità a un prototipo particolare, come avvenne ancora nel 1499, quando un committente chiese di eseguire un dipinto per la chiesa di San Frediano (al posto del quale fu invece eseguita l’Assunzione lignea di Matteo Civitali) riprendendo la tavola “valde pulcra” allora ubicata nell’altare maggiore della perduta chiesa di Santa Maria del Corso (Paoli 1986, p. 173).

I due laterali del Museo di Villa Guinigi provengono dalla chiesa parrocchiale di Tramonte, dove giunsero quasi certamente dal vicino monastero di Brancoli dedicato ai Santi Michele e Pietro (peraltro raffigurati nei laterali di Villa Guinigi), detto anche monastero dell’Angelo, che effettivamente potrebbe rappresentare l’ubicazione originaria del dipinto dello Starnina.

Le qualità “internazionali” di questa opera fanno pensare a una datazione in prossimità del ritorno di Gherardo dalla Spagna, verso il 1404; fra l’altro la Sricchia Santoro (1976), nelle sue ricerche sul soggiorno spagnolo dello Starnina, osserva giustamente che “il motivo di dischi d’oro bulinati liberamente a mano” si ritrova, oltre che a Parma e nella Dormitio di Filadelfia, anche nella veste dell’Angelo annunciante del retablo Ferrer di Valencia. In questo senso è interessante che il Rowlands osservi che nel 1404 i monaci benedettini del monastero dell’Angelo si unirono con quelli di Santa Giustina di Lucca per formare i Canonici Regolari Agostiniani, ipotizzando così che questa aggregazione possa essere stata l’occasione per commissionare l’opera allo Starnina.

Scheda di Gabriele Fattorini tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere dall’Antico al Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1997.