• Titolo: Il Tevere predice in sogno a Enea la grandezza di Roma
  • Autore: Paolo Dardani
  • Data: 1775 (I premio)
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: cm 89 x 134
  • Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
  • Inventario: Inv. 6
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: L'Accademia

“Paesista-battaglista”, decoratore, scenografo, Paolo Dardani si avvia giovanissimo allo studio della pittura nella bottega del padre Giuseppe (1693-1753), paesaggista, e in quella dello zio Antonio (1677-1735), “pittore universale”, che si era formato nella Scuola dei Viani. Si specializza in particolare nel genere della battaglia, interpretando con profitto la lezione dei maestri del ’600 (Salvator Rosa e Borgognone) esportati a Bologna da Francesco Simonini (1689-1753).

Noto anche come decoratore, nel 1752 entra nell’équipe di Gian Carlo Sicinio Galli Bibiena, invitato a Lisbona da Giuseppe I di Portogallo per arredare teatri e allestire scenografie per spettacoli di Corte (Samoggia 1981, pp. 380-387). Desideroso di approfondire lo studio della figura, nel 1755 ritorna a Bologna e comincia a frequentare sistematicamente l’Accademia del Nudo. Fra il 1765 e il 1788 lavora come decoratore (Palazzo Amorini, Sampieri, Lambertini; Villa Malvezzi alla Viola; case Legnani, Lunghi; Orto Botanico) e come pittore di scene nei teatri di Treviso, Bologna e Reggio Emilia, conquistando il consenso e la stima dell’ambiente accademico bolognese che, il 1° agosto 1766, lo nomina Accademico Clementino e direttore delle classi di Pittura di battaglia e di figura. Nel 1775 vince il primo premio per la Pittura al concorso di Parma, con il “Quadro, che ha per divisa i versi di Virgilio … eum tenuis glauco velabat amictu / Carbasus, et crines umbrosa tegebat Arundo…” (Pellegri 1988, p. 125) ottenendo l’unico, prestigioso riconoscimento ufficiale come figurista.

Agli artisti, quell’anno, si chiede di rappresentare l’incontro fra Enea e il dio Tevere che, in forma di vegliardo, accorre ad annunciare all’eroe la grandezza di Roma (Eneide, libro VIII, vv. 48-53). La scena si svolge di notte, “al raggio della Luna”: Dardani, “valente paesista” (Martini 1871b, p. 18), apre la composizione in un ampio paesaggio immerso in una luce fredda e diffusa, interrotta a tratti da vibranti bagliori cromatici che ricordano gli “sfavillii”e le “sfaccettature luminose” (Roli 1967, p. 11) dei bei Notturni di Donato Creti (Roma, Pinacoteca Vaticana). Mossa e rotonda è la linea delle figure, “articolate e atteggiate alla più scenografica scuola settecentesca” (Samoggia 1981, pp. 383-384): a sinistra Enea riposa, appoggiato a una roccia come la Fanciulla addormentata nel bosco del disegno di Creti in collezione Peter Kröker a Essen (Roli 1967, n. 20), mentre il Tevere “de l’ameno fiume / placido uscendo” si sporge verso di lui per indicargli la meta. Bella ed elegante, la figura del dio si ispira lucidamente all’incisione, di uguale soggetto, di Salvator Rosa eseguita intorno al 1664 (nella collezione di stampe donate da Benedetto XIV all’Accademia Clementina) e aggiornata dal ricordo del volto del Vecchio di Donato Creti (Bologna, Galleria Comunale d’Arte) anch’esso coronato di foglie d’acqua.

I giudici del concorso usano parole lusinghiere per motivare la vittoria della prova di Dardani, sottolineandone l’ottima composizione e l’abile resa nella rappresentazione delle figure e “del sito veramente acquatico… della tranquillità della notte… del dubbio raggio della luna, che rischiara le sponde” (Pellegri 1988, p. 126).
Un secolo dopo il Martini (Martini 1871b), nella sua Guida, descriverà in maniera diffusa il quadro del pittore bolognese lodandone ancora la capacità “di figurare la luce notturna” e, “la verosimiglianza, fino al segno possibile” con cui riuscì a rappresentarla.
Della consistente produzione del Dardani non rimangono che il quadro della Pinacoteca di Parma, un Sant’Antonio, firmato e datato 1777, nella chiesa di San Francesco a Molinella, un Sant’Emidio vescovo, in collezione privata a Bologna e quattro disegni di battaglie a penna, siglati, conservati nella Galleria Davia Bargellini di Bologna. (S.L.)

Bibliografia
Martini 1871b, p. 18;
Martini 1875, p. 1;
Pigorini 1887, p. 1;
Ricci 1896, p. 3;
Roli 1977, p. 255;
Cirillo – Godi 1979c, p. 33; S
amoggia 1981, pp. 383-384;
Samoggia 1986, pp. 769-771