- Titolo: Il genio della guerra guida Annibale attraverso le Alpi
- Autore: Paolo Borroni
- Data: 1771 (I premio)
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: 89 x 126
- Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
- Inventario: Inv. 554
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
La fortuna e il ricordo della vittoria di Paolo Borroni al concorso di Pittura del 1771 è senza dubbio legato di più alla notizia singolare di aver superato l’opera concorrente di Francisco Goya (recentemente ritrovata) nel giudizio della Reale Accademia di quanto non lo sia all’alta qualità della pur pregevole ed elegante prova.
Il dipinto svolge in maniera diligente il tema proposto – Annibale vincitore, che rimirò la prima volta dalle Alpi l’Italia – con minuziosa descrizione dei particolari, come si può verificare dal confronto tra il testo del soggetto con la sua realizzazione nell’opera di Borroni: “Vorrebbesi atteggiato Annibale in tal guisa, che alzandosi la visiera dell’elmetto, e volgendosi ad un Genio, che lo prende per la mano, accennasse da lungi le belle campagne delle suggetta Italia, e dagli occhi, e da tutto il volto l’intera gioia gli trapelasse, e la nobile fiducia delle vicine vittorie…” secondo la rappresentazione poetica tratta da un sonetto dell’abate Frugoni dedicato ad Annibale (cit. in Pellegri 1988, p. 92). Un riferimento letterario con cui l’Accademia opera une exception de modernité (Hautecoeur 1910, p.157) rispetto ai più usuali soggetti mitologici, sempre più affiancati da fonti letterarie ma di area specialmente romana e virgiliana; grande protagonista diventa l’Eneide, si vedano i concorsi degli anni 1772, 1775 e dal 1777 al 1784, e per i rapporti con le diverse fonti dei soggetti letterari si veda anche Godi 1974, pp. XXXIII sgg.
Borroni costruisce l’ambientazione dell’episodio centrale con l’aggiunta in primo piano di un gruppo di soldati che si affaticano per salire sulla cima e per organizzare l’accampamento. Per il pittore un’occasione di movimentare la scena e dar mostra di virtuosismi nella descrizione delle figure, dell’anatomia dei corpi, nelle diverse pose ed emozioni. Infatti questa parte piacque particolarmente alla giuria che sottolinea nel giudizio il “tocco assai libero, e franco” con cui i nudi sono espressi. Mentre al dipinto di Goya si rimprovera un certo discostarsi dal vero delle tinte e della composizione che ne avrebbe compromessa una altrimenti assai probabile vittoria.
Oggi si è tentati di ritenere piuttosto che giovò a Borroni il suo taglio diligentemente accademico, a tratti ammanierato, mentre è probabile che la giuria non comprese la novità prorompente dello stile di Goya, come si legge fra le righe di quel giudizio, specialmente di quel “certo discostarsi dal vero”, che fa pensare appunto a una lettura estremamente personalizzata e originale del tema da parte del grande artista.
Il dipinto di Paolo Borroni è peraltro una tappa importante nella sua ricca e articolata carriera, come si delinea con dovizia di notizie, dalle biografie redatte dallo Scaramuzza (1820) e da Maragliano (1897).
Il pittore si era trasferito già dal 1765 a Parma da Milano e frequentava all’Accademia la Scuola del Bossi. Nel 1770 aveva vinto una medaglia d’argento a un concorso accademico con un disegno rappresentante Priamo che chiede ad Achille il corpo di Ettore e la vittoria del 1771 coronava il suo operato con una prova che contiene i tratti essenziali del suo stile, classicamente atteggiato, talora ammanierato ma che sa filtrare le nuove preziosità del linguaggio emergente dal Neoclassicismo. La pittura è morbida e filante, in questo assolutamente dentro i canoni delle eleganze barocchette nell’accezione “di cultura parmense ferrariana e callaniana” (Cirillo – Godi 1979d). Successivamente, nel 1772, vinse il pensionato quadriennale a Roma, dove frequentò le Accademie di San Luca e di Francia, fu allievo di Batoni, affinò il suo Neoclassicismo con le copie dall’antico. Passò più tardi da Venezia, tornò a Voghera nel 1776, poi a Milano negli Anni ottanta, quando si recò a Torino e venne nominato nel 1788 pittore di Corte. Ai numerosi e vari spostamenti si lega una produzione fertilissima, sia nel settore religioso che mitologico, ritratti e affreschi.