- Titolo: Guarigione del paralitico
- Autore: Pietro Melchiorre Ferrari
- Data: 1761 (I premio)
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 92 x 137
- Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
- Inventario: Inv. 15
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: L'Accademia
“… mi avanzo a domandarle se nella proposta misura del quadro mi potessi prendere qualche libertà; essendo non poco difficile il rappresentare in sì breve tela un magnifico porticato, qual deve essere quello della probatica piscina, senza ridurre le figure ad un’estrema piccolezza.”
Con questo dubbio il Ferrari si rivolge al conte Giulio Scutellari, direttore dal 1757 dell’Accademia parmense, in una lettera del 27 gennaio 1760 (Archivio dell’Accademia di Belle Arti di Parma), aggiungendo poi “In un angolo inferiore del quadro vedrà il motto ‘Surge et ambula’.”, epigrafe che veniva ogni volta scelta in relazione al soggetto stabilito dalla commissione che promulgava i concorsi stessi. Effettivamente, aldilà del fatto che poi l’artista, ma non è agli atti la risposta ricevuta, rispetta le misure standard delle tele partecipanti ai premi, si percepisce in questo quadro la tentazione e l’ambizione, da parte sua, a un “fare grande”, tanto nell’ampio fondo scenografico, che nella articolata massa delle numerose figure, che nella volumetria dei personaggi in primo piano che da un certo punto di vista possono perfino apparire fuori scala. E poi, nell’inserimento dell’angelo discendente che sembra quasi entrare a fatica nella scena, una citazione puntuale, come è stato acutamente sottolineato da Fornari Schianchi, dalla ben più grande, più del doppio, tela dello stesso soggetto proposta da Vien al Salon del 1759 (ma vi lavorava dal 1752, cfr. Gaehtgens-Lugand 1988, p. 148, fig. 80). L’assonanza di altri particolari, quale ad esempio il tipo, neorinascimentale, del Cristo, fanno pensare a un’ispirazione diretta, probabilmente mediata da idee o schizzi fornitigli dal Baldrighi, che a Parigi dal 1752 al 1756 frequentava lo studio del pittore francese. Su tale exemplum Ferrari articola un elegante eclettismo classicista in direzione archeologica e appunto neorinascimentale (da Raffaello a Correggio), che non risulta precocemente purista solo per il gusto divertito e ancora barocco della varietà dei costumi, che vanno dai copricapi egizi alla serie dei turbanti più o meno vistosi (e i turbanti piacevano tanto ai francesi, da Vien a Petitot) ma soprattutto per il tono rialzato della tavolozza dai colori brillanti e accesi in cui i colori pastello, e il lucido raso azzurrino, riportano a Boucher e Fragonard. Una pittura “cremosa” (Riccomini 1997), o caramellata, accattivante, sostanzialmente altra rispetto al precoce neoclassicismo severo del Seneca. (L.V.)
Bibliografia
Atti dell’Accademia 1757-1816, vol. 10, cc. 25-26;
Ricci 1896, p. 5;
Allegri Tassoni 1952, p. 33;
Bigliardi 1977, p. 48;
Riccomini 1977a, p. 120;
Cirillo – Godi 1979b, p. 40;
Cirillo – Godi 1979c, p. 189;
Fornari Schianchi 1979b, pp. 113-114, fig. 88;
Pellegri 1988, p. 33;
Ceschi Lavagetto 1989, p. 246;
Riccomini 1997, p. XXX