Il soggetto venne interpretato dal Derschau come Bruto che bacia la terra alla presenza dell’Oracolo della mater universalis, mentre Daniels, mettendo in relazione il dipinto parmense, che ci pare corretto assegnare al 1708, con Salomone che adora gli idoli (1724) nella Galleria Sabauda di Torino, intravede, nella statua sull’elegante piedistallo di matrice classica Bruto davanti ad Apollo.

Ma si potrebbe anche interpretare come la richiesta di clemenza dei suoi due figli che erano stati condannati a morte dal padre dopo il complotto per restaurare la monarchia dei Tarquini oppure Bruto che chiede clemenza dopo aver guidato la rivolta contro lo zio Tarquinio il Superbo a seguito della violenza perpetrata su Lucrezia (Tito Livio e Plutarco).
Sta di fatto che, pur essendo il soggetto meno palese degli altri, il dipinto viene ritenuto uno dei meglio riusciti ed eleganti oltreché più dichiaratamente rococò, per quell’esibizione di cultura classica nel piedistallo con teste di ariete e pendagli di fiori e per quell’esedra ionica sulla quale si staglia la scena: un recupero di elementi veronesiani che attualizzano il rinascimento veneto e aprono la strada, per chiarezza e vigore, alla pittura dei successivi grandi maestri lagunari.

Il giusto dosaggio di luci e ombre, di preziosismi cromatici, di teatralità concitata, di sincronia di gesti e pensieri ne fanno sicuramente un capolavoro, già riconosciuto dal Ruta (1740) che lo valutava 350 filippi, in terza posizione rispetto al Ratto di Elena e alla Continenza di Scipione. L’artista inquadra nettamente, come nei dipinti precedenti, il tema, portandolo in primissimo piano, senza sviare lo sguardo verso episodi marginali, ponendosi così come eccellente interprete della mise en scène della storia greco-romana, che tra epos ed ethos, soddisfa le richieste di committenti esigenti, che vogliono ostentare ferrea moralità, riconoscersi specularmente nei protagonisti, ma anche ammirare e mostrare agli ospiti le astuzie sapienti della pittura, gli ammiccamenti del genio, che traduce, con sensibilità, exempla di antiche virtù, attualizzandone il significato senza tradire il racconto.

Bibliografia
Derschau 1922, p. 51;
Pallucchini 1952, p. 70;
Ghidiglia Quintavalle 1972;
D’Arcais 1973, p. 21;
Rizzi 1975, p. 21;
Daniels 1976a, p. 106;
Daniels 1976b, p. 94;
Ceschi Lavagetto 1979, pp. 28-29
Restauri
1973 (A. Santunione)
Mostre
Venezia 1929;
Parma 1972;
Parma 1979
Lucia Fornari Schianchi, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.