Acquisita da Giuseppe Mauroner di Bayonne nel 1842 come opera di Murillo, in seguito la paternità del dipinto fu alternativamente attribuita a Jusepe de Ribera o ad un altro pittore della Scuola madrilena della seconda metà del ’600 prossimo alla maniera dell’artista.

Quest’opera, d’innegabile qualità, raffigura Giobbe assiso, lo sguardo rivolto verso il cielo, una mano sul petto e l’altra che tiene un frammento di tegola (suo tradizionale simbolo), colto in un’attitudine di profonda meditazione e di mistico raccoglimento. La tavolozza tende verso il monocromo dominato dalle tonalità ocra; la sottile pennellata chiaroscurale e la diffusa luminosità intensificano la drammaticità della scena conferendo al personaggio una forza espressiva particolarmente intensa. Il corpo vigoroso e macerato al tempo stesso dalle sofferenze viene reso con un tocco in grado di conferire alla pelle un aspetto quasi spugnoso, capace di esprimere in modo palpabile la sofferenza della carne. Come in altre opere di Ribera dedicate alle figure degli apostoli, Giobbe emerge dal fondo scuro illuminato da un raggio di luce divina proveniente dalla destra del dipinto, che blocca l’azione con un effetto teatrale, memore della lezione di Caravaggio, mettendo ulteriormente in risalto gli aspetti naturalistici e la commovente espressività dei soggetti.