Questo ritratto di signore del quale conosciamo soltanto, allo stato attuale degli studi, il nome Giberto Scardui, o Scarduo come spesso è stato tradotto dal latino, e le uniche notizie dalle iscrizioni, fu attribuito alla scuola di Parma da Martini nel 1875.

Lo Scardui era già morto nel 1554, data indicata dalla moglie Caterina Genesia nelle iscrizioni sulla tela, e che ci serve come riferimento cronologico per l’esecuzione del dipinto. Si deve al  Ricci l’attribuzione, pur con qualche cautela, a Girolamo Mazzola Bedoli sulla base di confronti con le opere conosciute, dal Ritratto di antiquario (inv. 333, scheda n. 191), già creduto effigiare il letterato Enea Irpino, a Parma abbraccia Alessandro Farnese (inv. 1470, scheda n. 188). La proposta del Ricci fu accettata prontamente da Toesca e da Testi e dalla Fröhlich Bum, mentre nella mostra correggesca del 1935 Copertini ebbe qualche esitazione nel mantenere il riferimento.  Pochi anni dopo Quintavalle lo riconfermò al pittore di Viadana, per poi avanzare a sua volta qualche riserva nel 1948 per la mancanza di qualità.

Di recente la Milstein ha confermato questi comprensibili dubbi della critica, e lo ha assegnato all’ambito dell’artista osservando giustamente che l’analisi dei particolari mostra un’energia e una precisione di gran lunga inferiori a quelle di solito esibite dal Mazzola Bedoli, dal quale si discosta – possiamo aggiungere – per una pittura più compatta e priva di sottigliezze stilistiche.

Iscrizioni: in alto a sinistra sotto l’arma gibertvs. scardvvs/miles. et. patritivs/parmensis/mdliv;

in basso a sinistra, vt. mariti. patris. dilectiss./in. aevum. servetur. imago.:catharina. genesia. conivnx.:et. filii. f. c.

Scheda di Andrea Muzzi tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.