- Titolo: Ferimento della cerva di Silvia
- Autore: Paolo Gallinoni
- Data: 1779 (II premio)
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 87 x 134
- Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
- Inventario: 551
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: L'Accademia
La seconda corona del concorso di Pittura del 1779 venne assegnata a uno studente della stessa Accademia di Parma, “Paolo Gallinoni di Caravaggio, Allievo del Sig. Pietro Melchiorre Ferrari Accademico Professore, e Consigliere con Voto” (Pellegri 1988, p. 161).
Egli si era già distinto nel 1778, vincendo il concorso annuale sia per il disegno di nudo sia per quello di composizione (Pellegri 1988, p. 158). Questo è tutto ciò che conosciamo della vita dell’artista, le cui tracce si perdono subito dopo il soggiorno parmense.
Nel confronto con la tela vincitrice del primo premio, piacque ai giudici soprattutto “la composizione ben intesa, la finitezza nelle estremità, il disegno delle figure, e l’ottimo partito in generale nei piani e nel fondo” (Pellegri 1988, p. 161). Di fatto questo dipinto è strutturato in modo più ordinato, leggibile e graduato in profondità rispetto a quello del Boni: sullo sfondo di un cielo bruno uniforme si profilano in secondo piano la stalla, dalla cui sommità la Furia Aletto incita i Latini al combattimento, mentre in primo piano, in piena luce, si svolge la vicenda narrata da Virgilio. Fungono da collegamento le tre figure maschili sulla sinistra, dipinte nei toni del bianco e del giallo.
Perno dell’intera composizione è Silvia, con il volto turbato, ferma in un gesto alquanto melodrammatico. Essa assume un particolare risalto anche in virtù dei colori chiari della sua veste (bianco, giallo, verde acqua), che spiccano sui rosa vivaci, i gialli intensi, i rossi, i blu, i bruni degli altri personaggi. A fianco di un’eroina così descritta non stonano, come avevamo rilevato a proposito del quadro di Boni, i fiori che ornano le corna dell’animale ferito. Al pari del dipinto vincitore, anche questo di Gallinoni appare legato alla cultura della prima metà del secolo, in particolare alla tradizione accademica parmense. Vi troviamo infatti echi delle declinazioni arcadico-rococò del maestro Ferrari, dello stile dell’abate Peroni, delle opere di Benigno Bossi. L’enfasi e la teatralità gestuale di Silvia si ritrovano identiche nella posa del Sant’Antonio dipinto dall’abate Peroni per la chiesa di Sant’Antonio a Parma nel 1766, testimone dei debiti di tale artista con la Scuola bolognese.
Anche le corporature massicce e la concitazione dei gesti dei contadini descritti da Gallinoni paiono rifarsi al mondo bolognese, mentre i volti denotano la conoscenza delle Teste di carattere realizzate dal Bossi. Il volto e i colori della veste di Silvia, invece, richiamano soprattutto le figure femminili dipinte da Ferrari nel suo Frugoni in Arcadia (inv. 113; cfr. scheda 720). Cirillo e Godi attribuiscono all’insegnamento di quest’ultimo anche la “pastosa pennellata”. Il giudizio non è condiviso dall’Allegri Tassoni, secondo la quale “alla composizione equilibrata con abile resa di piani e figure disegnate con sapienza prospettica non corrisponde il tocco di pennello né la gradazione dei colori”.
Opera certo più accademica e melodrammatica di quella di Boni, essa evidenzia, nella differente interpretazione del soggetto, la divergenza fra la sensibilità e la cultura di questi due artisti.