Il quadro costituisce una nota insolita nel piccolo corpus di dipinti di questo artista, dalle doti “non del tutto trascurabili” (Magagnato – Passamani 1978, p. 59).

Oltre alla traduzione grafica di opere canoviane (Roma 1993-94, p. 319) e a una Raccolta di diversi animali incisi datata al 1831 (Thieme – Becker 1996, vol. 12, p. 545), si conoscono di lui solo alcuni ritratti, oggi conservati al Museo Civico di Bassano del Grappa e al Museo di Roma (Magagnato – Passamani 1978, pp. 59-60; Mellini 1990, p. 24). Questi attestano la piena adesione dell’artista agli stilemi propri della cultura neoclassica e fanno di quest’opera giovanile un caso singolare, in quanto prova di un esordio pittorico “perfettamente calato nella tradizione barocchetta veneta” (Cirillo – Godi 1979d, p. 34). Questo elemento diviene ancor più interessante se si tiene conto del fatto che, stranamente, gli Atti dell’Accademia tacciono il nome del maestro di Boni.

La tela, movimentatissima e gustosa, si aggiudicò la prima corona al concorso di Pittura dell’Accademia di Parma del 1779. Il soggetto proposto dalla commissione era tratto dal VII libro dell’Eneide, e chiedeva che i pittori si cimentassero sull’episodio del ferimento della cerva di Silvia per mano di Ascanio, causa della guerra fra troiani e latini. Particolare attenzione doveva essere prestata alla figura di Silvia, “che sconsolata si dispera”, e a quelle dei rustici “armati di scure e di nodosi tronchi”. “Per maggior vaghezza” la fronte del cervo doveva essere adornata di fiori, “come usava far Silvia”, e sul tetto della casa doveva vedersi “la Furia Aletto che dà fiato ad un ritorto corno, ed eccita alla pugna i Latini” (Pellegri 1988, p. 159).

Il dipinto del Boni riesce felicemente a suggerire il tumulto dell’evento attraverso una composizione affollata e una gamma cromatica giocata prevalentemente sull’uso del blu e dei bruni. Sullo sfondo di un cielo minaccioso si staglia la folla dei latini che accorrono pronti alla battaglia. Campeggiano al centro le figure di Silvia e del cervo agonizzante, attorniate da un nutrito numero di figure secondarie descritte solo in parte e non pienamente leggibili, cosa che accentua la concitazione del momento. Sui loro volti e nei loro gesti si legge un crescendo di emozioni, dallo stupore all’ira, che fece parlare i giudici di “tumulto ben espresso di compassione e di collera… sarebbesi però desiderata una disposizione più regolare di piani” (Pellegri 1988, p. 161). In realtà la lettura dell’opera, apparentemente complessa, viene agevolata dal Boni attraverso studiati contrappunti cromatici: il blu che risalta nella veste di Silvia ritorna in quella della donna ai suoi piedi e in quella del vecchio con la scure levata, e si alterna con i toni giallo-bruni prevalenti nel terreno, nel cervo ferito, nella capanna, nei due ceffi alla destra del dipinto. La luce contribuisce a chiarire il racconto concentrandosi sui protagonisti della scena: Silvia, la cerva, Aletto. Le caratteristiche del dipinto suggeriscono un legame dell’artista con la cultura dei “tenebrosi veneti”, e soprattutto con lo stile del Piazzetta.

La pittura del Boni è densa, pastosa, ricca di colore. Gli Accademici definirono la tela eseguita con “maneggio facile d’un vigoroso pennello, una soave armonia di colorito, una grande verità nel cervo spirante ai piedi di Silvia” (Pellegri 1988, p. 161). Unica nota stonata in quest’opera felicemente riuscita i fiori rosa che adornano l’animale, leziosità voluta dal bando di concorso ma in contrasto col tono complessivo dell’insieme.

Bibliografia
Cirillo – Godi 1979d, pp. 33-34;
Pellegri 1988, p. 161
Restauri
1989 (Lab. Degli Angeli)
Mostre
Parma 1979
Marcella Culatti, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.