• Titolo: Enea e Acate parlano con Venere sotto le sembianze di cacciatrice
  • Autore: Vincenzo Guarana
  • Data: 1781 (II premio)
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: cm 90 x 135
  • Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
  • Inventario: 942
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: L'Accademia

Nel 1781 Vincenzo Guarana prende parte per la terza volta al concorso di Pittura dell’Accademia di Parma. Come nelle precedenti occasioni (1777 e 1778), riporta il secondo premio, consistente in 525 Luigi d’oro, come si legge nei documenti conservati presso l’Archivio dell’Accademia (Cart. 1769-1801, anno 1781, cc. 2 e 6).

Il soggetto proposto si ispira al celebre passaggio del I libro dell’Eneide in cui Venere si presenta al figlio Enea sotto le spoglie di una cacciatrice. Come motto distintivo per presentare la propria opera al concorso, Guarana sceglie un verso della descrizione che Virgilio dà della dea: “Dederatque comas [in realtà “comam”] diffundere ventis”, ovvero “aveva lasciato che le chiome si spargessero al vento” (Eneide, I, 319). Proprio la figura di Venere risulta essere il punto focale della composizione: vezzosa e sensuale, la dea compare da una nube, graziosamente seduta sul suo carro in compagnia di due Amorini. Nel verbale di distribuzione dei premi (24 giugno 1781), gli Accademici giudicanti, pur apprezzando la “spiritosa invenzione” del dipinto di Guarana, e ammettendo che “quantunque l’autore siasi un poco discostato dall’Argomento figurando Venere sul carro… contuttociò la ricchezza, e varietà della composizione ha fatto perdonare un tal fallo”, rimproverano all’autore “la Venere… alquanto manierata, e peccante per avventura nell’esattezza dei contorni” (Pellegri 1988, pp. 179-180). Effettivamente la posa della dea appare affettata e caratterizzata da quell’“eleganza un po’ leziosa, che ancora rammenta le svenevolezze amigoniane” che Rodolfo Pallucchini individua fra i tratti salienti della produzione di Vincenzo (1995, p. 489).

Questa sensazione è accresciuta dall’abbondante uso di tinte pastello, assai differenti dagli accordi cromatici squillanti e accesi sperimentati nelle prove degli anni precedenti. Il colore assume in questo dipinto tonalità più basse e omogenee, come si può osservare ad esempio nelle gradazioni di verde del brano di vegetazione sullo sfondo. Guarana, a questo punto della sua carriera, ha acquisito un linguaggio più sicuro, lontano dalle incertezze degli esordi e orientato verso gli esempi della gloriosa tradizione decorativa veneziana della prima metà del ’700. Nel 1780, infatti, l’artista ha ricevuto dal padre Jacopo i primi incarichi autonomi di frescante nei cantieri di due chiese veneziane, quella di San Tomà e quella di San Pantalon.
In particolare, le figure della Carità e della Prudenza affrescate a grisaille da Vincenzo nella volta di San Tomà, oltre che profondamente debitrici dello spirito tiepolesco che permea tutta la decorazione ideata da Guarana padre, risultano le più dirette antecedenti della Venere di Parma, come ha puntualizzato molto giustamente Simone Guerriero (1998, p. 157).

Le figure di Enea e del fido compagno Acate, relegate all’estrema sinistra del dipinto, con la loro compostezza e gravità fungono da contrappunto alla grazia di Venere, e con i loro gesti magniloquenti e l’abbigliamento militare “all’antica” ricordano molto da vicino i personaggi della tela con San Romualdo e l’imperatore Ottone, dipinta probabilmente per la chiesa di San Michele e oggi conservata a Ca’ Farsetti a Venezia (Pallucchini 1995, p. 488, fig. 767).

Bibliografia
Archivio Accademia, cart. 1769-1801, anno 1781, c. 2;
Atti…, vol. I, 1770-1793;
Allegri Tassoni 1979, p. 208, n. 407;
Pellegri 1988, pp. 177, 179-180;
Pallucchini 1995, pp. 488 e 490, fig. 772;
Guerriero 1998, p. 159
Restauri
1989 (Lab. Degli Angeli)
Mostre
Parma 1979
Gaia Pierpaoli, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.