Il primo premio del concorso bandito dall’Accademia di Parma per l’anno 1781 vede come vincitore un pittore romano, Giovan Battista Ortolani Damon, che nel verbale di distribuzione dei premi (24 giugno) è indicato come “allievo del Sig. Domenico Corvi Pittore Accademico di S. Luca, e socio della R. Accademia di Parma”.

Di Ortolani non si conoscono altre vicende biografiche, salvo l’aggregazione all’Accademia fiorentina, documentata nel 1787 (Ravà 1932). Oltre a quello di Parma, gli spettano altri due dipinti, entrambi ritratti, conservati a Firenze e Friburgo. Di lui rimane anche la lettera autografa di ringraziamento al conte Rezzonico per il premio ricevuto a Parma (Archivio dell’Accademia, cart. 1769-1801, anno 1781, c. 3), e la conseguente comunicazione dell’avvenuto pagamento del corrispettivo di 50 zecchini romani (ibidem, c. 8). Da questo carteggio si evince come il cognome del pittore fosse Ortolani Damon, e non Dumon, come erroneamente si legge nell’Elenco dei Quadri… (1894) e nel catalogo del Ricci (1896).

Il soggetto scelto per la competizione, tratto dal I libro dell’Eneide, è l’incontro fra Enea, accompagnato dal fido compagno Acate, e la madre Venere, che appare ai due sotto le sembianze di una cacciatrice. Il bando specifica gli attributi con i quali ciascun personaggio dev’essere rappresentato, e raccomanda di ambientare la scena “nel mezzo d’un’ombrosa foresta”. Ortolani Damon realizza un impianto compositivo limpido, caratterizzato da grande compostezza e quiete. L’equilibrio formale e la resa netta e tornita delle figure offrono la conferma di un suo alunnato presso Domenico Corvi, che in quegli anni, oltre a tenere una propria Scuola privata di Pittura, insegnava presso l’Accademia Capitolina del Nudo.

Nel verbale di distribuzione dei premi, gli Accademici dichiarano il loro plauso a pieni voti, ma non risparmiano alcuni appunti alla fattura del dipinto: “L’autore ha osservato benissimo il costume dei tempi… Tutto il colorito è di buon impasto… le pieghe d’ottima scelta nelle figure virili; ma in quella di Venere due ne furono osservate verso il ginocchio disaggradevoli d’effetto per la loro uniformità, e sembrano formate da due venti contrari. Il disegno delle figure… parve assai diligente… e se le proporzioni fossero alquanto più svelte, perderebbero una cert’aria corta, e pesante, che ritengono al primo aspetto. Regnerebbe in tutto il Quadro maggior quiete… se quella parte di cielo non ne interrompesse la soave armonia col suo lume troppo vivo e sereno” (Pellegri 1988, pp. 178-179). Anche alla luce delle osservazioni della commissione giudicatrice si comprende come quello di Ortolani Damon sia un saggio d’esordio, nel quale il giovane pittore dimostra ancora qualche incertezza nell’impostazione delle figure e, in alcune parti, un’eccessiva affettazione. In particolare Venere, colta in una posa francamente innaturale, è abbigliata con manto e calzari rosa, tinta che contrasta con la prevalenza di colori caldi come il rosso, l’ocra e l’oro presenti nel resto del dipinto. Al contrario, nelle figure dei due eroi e nel brano di paesaggio sullo sfondo l’artista offre una prova decisamente più convincente. Nella Roma di Mengs, Batoni e Corvi, dunque, l’esordiente Ortolani Damon mostra un’adesione sincera alla poetica e alla sensibilità neoclassica, sebbene non sia ancora in grado di offrirne un’elaborazione del tutto autonoma e originale.

Bibliografia
Archivio Accademia, cart. 1769-1801, anno 1781, c. 3;
Atti…, vol. I, 1770-1793;
Elenco dei Quadri… 1894, p. 4;
Ricci 1896, p. 7, n. 548;
Ravà 1932, p. 67;
Allegri Tassoni, 1952, p. 29;
Dizionario… 1975, p. 229;
Allegri Tassoni 1979, p. 208, n. 406;
Pellegri 1988, pp. 177, 179
Restauri
1950-51;
1969
Mostre
Parma 1979
Gaia Pierpaoli, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.