- Titolo: Edipo cieco in partenza per l’esilio
- Autore: Giovanni Silvagni
- Data: 1818 (I Premio)
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: 90 x 131
- Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti; in deposito presso l’Intendenza di Finanza di Parma dal 1961
- Inventario: Inv. 2
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Gli inventari della Galleria definiscono con precisione il soggetto di quest’opera rappresentante “Edipo cieco che vuole abbracciare le figlie prima di andare in esilio”.
Questo era infatti il tema scelto per il concorso di pittura del 1818 indetto dall’Accademia di Belle Arti di Parma. L’opera in questione, l’unica presentata al concorso di quell’anno, ottenne il Primo premio per “la nobiltà dello stile, il ben osservato costume, e il fondo del quadro opportuno e bellissimo; il brancolante Edipo, e il torvo Creonte già atteggiato alla tirannide: tutto in somma il concetto di Sofocle passato nell’opera”. La tela di Silvagni rispondeva quindi perfettamente alle richieste del tema del concorso anche se a ben leggere gli Atti i professori giudici individuarono anche alcuni difetti, definendo “spiacevole il parallelismo di tre braccia ignude, e la destra di Creonte sul collo all’una delle reali Donzelle”.
Giovanni Silvagni, allievo a Roma di Gaspare Landi (Piacenza 1756-1830) che diventerà poi membro nel 1822, e principe nel 1844, dell’Accademia di San Luca a Roma (Cera 1987 ne rende note altre opere: La partenza di Coriolano, 1817; Scipione l’Africano riceve onori e doni, 1819; Eteocle e Polinice, 1820), costruisce la scena in primo piano dove Edipo barcollante cerca un contatto con le figlie prima di partire per l’esilio. Le due giovani donne affrante si protendono inutilmente verso il padre tenute a distanza da Creonte. La drammaticità del momento è espressa nel protendersi dei corpi, nell’eloquenza retorica dei gesti e delle espressioni forse un po’ troppo convenzionali.
L’opera, in deposito dal 1961 presso l’Intendenza di Finanza a Palazzo dei Ministeri di Parma (schedata nel 1996 da Stefania Campanini), rimane ancora fortemente legata alla lezione di Gaspare Landi, sia nella costruzione rigorosamente neoclassica, sia nella scelta della gamma cromatica.