- Titolo: Ebe che porge da bere a Giove trasformato in aquila
- Autore: Maria Callani
- Data: 1803
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: 96 x 78
- Provenienza: collezione Gaetano Callani, 1839
- Inventario: Inv. 773
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Con questo dipinto Maria Callani conclude la sua breve ma intensa attività , dimostrando ancora una volta di essere la più promettente pittrice fra quelle che operarono a Parma nel ’700 e nella prima metà dell’800. La tela raffigurante la coppiera degli Dei nell’atto di porgere la coppa con l’idromele a Giove che le si manifesta sotto forma di aquila, venne finita, forse non completamente, soltanto pochi giorni prima di morire di tisi come ci informa nelle sue note lo Scarabelli Zunti: “…otto giorni dopo terminato il summentovato quadro ammalatasi di febbre infiammatoria e la rapì in quattro giorni, e se ne morì in quattro giorni ai 9 di febbraio, e fu compianta in generale, e dai desolati genitori e fratello” (ms. fine del secolo XIX, Callani… T1).
Si tratta di un’opera caratteristica di un periodo segnato, oltre che dalle consuetudini accademiche, dal perdurare di un genere quello arcadico-mitologico nato nel pieno fiorire del Rococò e perfettamente sopravvissuto nel nuovo gusto neoclassico, a cui anche la Callani cercava di adeguarsi. Le varie Veneri, Diane, Ebe, Flore, Ninfe e Baccanti sono le figure femminili che meglio consentivano di esprimere la “grazia naturale” e l’allegoria attraverso immagini di studiata sensualità , dando risalto alla bellezza muliebre libera da qualsiasi costrizione. I veli, gli atteggiamenti, le nudità appena svelate con la complicità dei morbidi panneggi, suscitavano suggestioni non equiparabili a quelle degli abiti moderni, per di più, sulla base dei temi proposti, potevano costituire esemplari modelli di virtù.
Ispirandosi alle tematiche più in voga, spesso predilette dalle pittrici del suo tempo, l’artista affronta questo soggetto classico con la stessa padronanza del mezzo pittorico già manifestata nei ritratti, ma soprattutto evidenziatasi nella Leda col cigno dell’Accademia di Brera. Più sicura nell’espressione del volto, saldamente modellato nel disegno e nel contrasto chiaroscurale, rivela alcune incertezze nella costruzione anatomica. Non priva di raffinatezze neocinquecentesche, con echi d’ispirazione correggesca, la composizione, benché risenta ancora di certo accademismo, sembra aprirsi a soluzioni di gusto neoclassico, riscontrabili nell’ambientazione naturalistica che accentua la sensualità della figura, nella morbida panneggiatura delle vesti e nell’uso sapiente dell’impasto cromatico in cui le tonalità luminose dei blu e dei rossi si amalgamano attraverso pennellate fuse e compatte.
Nel panorama artistico locale la Callani si inserisce, seppur per breve tempo, con un corpus di opere e una formazione culturale pienamente aperta alle piĂą innovative esperienze artistiche del Neoclassicismo lombardo.