- Titolo: Don Ferdinando di Borbone
- Autore: Johann Zoffany
- Data: 1778- 1779
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 107 x 86
- Provenienza: in Galleria dal 1791
- Inventario: 346
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Ritrattistica ducale
Zoffany arriva a Parma presumibilmente nella primavera del 1778 (cfr. scheda successiva inv. 1033), dopo aver soggiornato a Firenze e aver eseguito vari ritratti dei Lorena da inviare all’imperatrice Maria Teresa d’Austria, madre della granduchessa Maria Luisa Asburgo Lorena. Forse in virtù della notevole fama di ritrattista che poteva vantare il pittore e dei favori che si era guadagnato presso la Corte degli Asburgo, dove era particolarmente apprezzato, Zoffany potrebbe essere entrato in contatto con la Corte borbonica proprio grazie all’imperatrice e all’altra sua figlia, la duchessa Maria Amalia. A Maria Teresa è infatti destinato uno splendido ritratto dei figli della coppia ducale, eseguito a Parma da Zoffany e inviato a Vienna, dove è tuttora conservato presso il Kunsthistorisches Museum.
L’artista esegue anche il ritratto ufficiale del duca Don Ferdinando (1751-1802), il quadro già nel 1791 faceva parte delle collezioni museali, esposto nella Sala delle Adunanze dell’Accademia di Belle Arti. Lo schema compositivo del dipinto segue la tradizione inglese, secondo la formula che Zoffany aveva ampiamente consolidato in Inghilterra, dove si era trasferito nel 1760 dedicandosi alla rappresentazione di conversation pieces che riscuotono grande successo presso la nobiltà e l’alta borghesia. A trequarti di figura, sullo sfondo di un paesaggio degradante sulla Reggia di Colorno, la residenza preferita dal duca, Don Ferdinando di Borbone è raffigurato seduto su un’elegante poltrona in stile Luigi XV, al suo fianco un cane da caccia. Sul panciotto in teletta d’argento a piccoli motivi floreali e sulla marsina in velluto di seta spiccano ridondanti le onorificenze che attestano l’alto rango dell’effigiato: il Toson d’oro, l’Ordine di Santo Spirito, dell’Immacolata, di San Gennaro, nonché la Croce dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio. Malgrado l’impostazione del ritratto sia apertamente aulica e risenta della grande tradizione dello State portrait, con la figura scorciata in primissimo piano e il voluminoso panneggio della tenda sulla destra, più che il ruolo sociale dell’effigiato spicca la sua bonomia svelata dall’espressione e dall’atteggiamento delle mani: una mollemente posata sul fianco, l’altra che cinge affettuosamente la testa del cane. Zoffany si pone davanti a Don Ferdinando senza adulazione e con franchezza ritrae il duca, evidenziandone, in virtù di una pungente analisi psicologica, tutti i limiti di essere umano debole e di sovrano inetto. La magniloquenza e l’ossequio lasciano spazio alla lucida ragione e all’osservazione analitica: l’insistenza tipicamente nordica con cui Zoffany descrive puntigliosamente i tessuti preziosi, i riflessi serici dei damaschi e dei velluti, restituendone un effetto quasi tattile, si riflette analogamente nella caratterizzazione della fisionomia, dell’espressione e dell’atteggiamento del sovrano, senza nulla togliere all’eleganza formale del dipinto. Nel ritratto di Don Ferdinando si coglie, da parte dell’artista, un’oggettività di stampo squisitamente illuminista, per cui ogni singolo componente è studiato e definito secondo un medesimo principio. La pennellata raffinatissima è tutta giocata su una tavolozza dai toni brillanti, la lucida resa pittorica dell’insieme crea un gradevole contrasto con il paesaggio dello sfondo. Particolarmente efficace è il realismo con cui l’artista dipinge la testa del cane, particolare che caratterizza anche il ritratto di Maria Amalia, moglie di Don Ferdinando (inv. 1033; cfr. scheda successiva).