- Titolo: Diana e Atteone
- Autore: Anonimo fiammingo
- Data: 1580-1590
- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensioni: cm 74 x 105
- Provenienza: Parma, collezione Rossi Beccali, 1851
- Inventario: GN185
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: I fiamminghi
Questa tavola proviene, insieme ad altri ventuno dipinti, dalla collezione del medico Luigi Beccali e della moglie Angiola Rossi; si tratta di un’opera indubbiamente interessante ma, come molte altre della raccolta, di difficile attribuzione, poiché non è documentata prima dell’inventario redatto nel 1851, in occasione del suo ingresso in Galleria.
Anche l’identificazione del soggetto è stata a lungo incerta, ma si tratta di uno degli episodi del mito di Diana, molto amato dai pittori del Cinquecento: il momento in cui Atteone, figlio di Aristeo, scorge la dea cacciatrice in un momento di riposo dalla calura estiva, mentre si bagna in un ruscello con le sue compagne.
La dea, violata nella sua intimità da un mortale, per impedire ad Atteone di parlare di ciò che aveva visto, lo trasformerà in un cervo; in seguito, il giovane cacciatore verrà raggiunto dalla muta dei suoi 50 cani che, resi furiosi da Diana, sbraneranno il loro vecchio padrone senza riconoscerlo, per poi cercarlo inutilmente per tutta la foresta.
In passato la tavola è stata attribuita ad un seguace di Jan Soens, ma è più correttamente riconducibile a un anonimo artista fiammingo della seconda metà del Cinquecento, forse della cerchia di Rothenhammer o Paolo Fiammingo, il quale, secondo la tradizione dell’epoca, fa quasi scomparire i protagonisti del mito in un paesaggio di foreste, alberi frondosi, città e monti lontani; tuttavia, alcuni particolari come la figura incurvata di Diana in primo piano dimostrano la sua conoscenza di modelli antichi e italiani.