L’opera, sullo sfondo di un paesaggio al crepuscolo, secondo i dettami controriformistici, indica la presenza di san Francesco e di santa Chiara, con i loro attributi bene in vista, ribadendo l’importanza dei santi quali mediatori tra l’uomo e Dio per il raggiungimento della salvezza eterna.

Alla Deposizione eseguita da Correggio per la Cappella del Bono in San Giovanni Evangelista, oggi in Galleria, si rifà la figura della Vergine che, svenuta sul sepolcro col capo riverso all’indietro, sorregge il corpo esanime del figlio, con la mano destra che sembra quasi accarezzarne il volto in un estremo doloroso saluto. Anche nel registro superiore del dipinto, gli angeli che portano la croce sono un  preciso richiamo al turbinio di figure, nuvole e vapori luminosi che affollano la cupola del Duomo di Parma. Annibale realizza una composizione di grande intensità drammatica che si rivela particolarmente funzionale ad esprimere i nuovi contenuti morali dettati dalla Controriforma.

Solo tre anni prima, proprio a Bologna, il cardinal Paleotti aveva pubblicato il Discorso sulle immagini sacre e profane: Annibale mostra di averne recepito le indicazioni, adottando un linguaggio suggestivo e fortemente coinvolgente, capace di trasmettere le più complesse dottrine di fede in modo semplice e diretto, per stimolare la devozione dei fedeli.

L’opera fu eseguita in età giovanile per l’altare maggiore della chiesa dei Cappuccini di Parma, come conferma la presenza della data 1585 scritta in numeri arabi sulla pietra del sepolcro, sotto la mano destra del Cristo.

Scheda di Angela Ghirardi tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.