- Titolo: Deianira versa l’unguento sulle vesti di Ercole
- Autore: Giovanni Battista Baguti
- Data: 1768 (I premio)
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: 97 x 144
- Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
- Inventario: Inv. 560
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il tema proposto dagli Accademici per l’anno 1768 riguardava Deianira, moglie di Ercole, “che siede pensierosa, e conturbata” e “con un vasetto di metallo […] va cospargendo di un liquore” la veste rossa che Ercole indossava durante i sacrifici. La fiala conteneva il sangue del centauro Nesso “insidiatore di Deianira”: tale sostanza avrebbe dovuto recuperare alla donna l’amore del marito, invaghitosi di Iole, ma si rivelerà in effetti un potente veleno. Oltre a Deianira, era compito dei pittori rappresentare “Lica servo di Ercole, venuto a domandare della veste” e “una damigella confidente di Deianira […] consapevole della passione che sente la Real sua Padrona” (Pellegri 1988, p. 73).
Fu premiato il quadro recante il motto “si qua Fata aspera rumpas”, eseguito dal pittore Giovanni Battista Baguti, nato a Rovio, nel Canton Ticino, già allievo di Giuseppe Baldrighi presso l’Accademia di Parma. Il pittore spedì la tela da Roma, approfittando “della dilazione che la Reale Accademia [aveva] concesso agli concorenti [sic] di pittura”, come documenta una lettera di suo pugno, datata 2 aprile 1768, conservata presso l’archivio dell’Accademia di Belle Arti di Parma (Carteggio 1763-1768). Non si conosce purtroppo il nome del maestro dell’artista a Roma. La vittoria della corona accademica guadagnò al pittore l’elezione ad Accademico d’onore presso l’Accademia di Parma. Il resto della carriera di Baguti, fervente repubblicano e membro del governo provvisorio della Repubblica di Riva San Vitale nel 1798, si svolse fra la Lombardia (Viggiù), la Svizzera (Mendrisio e Altdorf), e il Württenberg: in questi luoghi il pittore agì prevalentemente come decoratore di chiese. Baguti fu anche per qualche tempo a Mosca, prima del 1812 (Saur 1995-1999, VI (1996), p. 291), ma non si conoscono le sue opere russe.
Il soggetto del dipinto parmense, intimo e femminile, suggerì a Baguti il riferimento alla celebre Marchande à la toilette di Joseph-Marie Vien, esposto al Salon parigino del 1763 e tradotto in incisione nel 1767. Il dipinto di Vien è esplicitamente citato nel prezioso braciere fumante in primo piano, ma Baguti ne complica gli spazi, aperti e indagati dal raggio luminoso che indugia sulla figura interrogativa di Deianira. Il dialogo sospeso e silenzioso delle due figure principali, raccordate dalla veste purpurea di Ercole, viene commentato dalla figura dell’ancella, posizionata con intelligenza tra i due, a condensare la tenerezza diffusa nel dipinto. Sul piano cromatico come su quello del disegno, il pittore adottò “stringate soluzioni classiciste pre-appianesche” (Godi 1974, p. XXVI, Cirillo – Godi 1979b, p. 32), scegliendo tinte sobrie, accordi tonali e un morbido chiaroscuro che fa davvero intravedere le figure femminili dipinte di lì a poco da Andrea Appiani. La cura nella “scelta di abiti convenevoli al soggetto” (Pellegri 1988, p. 76) si riflette nei pezzi di bravura che descrivono con sensibilità materiali diversi, e nell’esibizione della conoscenza di oggetti antichi, “gracile descrittività archeologica” (Riccomini 1979b, p. 9) non troppo nociva, comunque, alla concentrazione della scena. Nonostante qualche imprecisione nei particolari delle “estremità d’ogni figura” (Pellegri 1988, p. 77), Baguti si mostra un disegnatore elegante e un pittore aggiornato, in grado di reinventare con intelligenza modelli recenti e autorevoli.