La predella si presenta in condizioni di conservazione non buone, divisa in tre pannelli distinti e accostati, senza cornice. Per quanto riguarda la provenienza lucchese della predella, si veda la scheda precedente.

L’ipotesi che nel reinsediarsi a Parma Maria Luisa, Carlo II e Carlo III abbiano portato con sé alcune opere lucchesi sembrerebbe confermata dalla presenza dei tre pannelli in questione, alla metà dell’800, nei magazzini del Guardamobili ducale, luogo da cui si spostarono nel 1865 per entrare nella Reale Galleria. Coll’annessione di Parma e Piacenza alla corona sabauda nel 1860 e soprattutto coll’avvento del Regno unito nel 1865, il Demanio affidò infatti all’Accademia tutte le opere che giacevano nella residenza ducale di Colorno, fra le quali vi erano anche quelle trasferite dai Borboni da Lucca a Parma pochi anni prima.
La prima citazione della predella si trova in questa occasione, quando Gaetano Schenoni inventariò “una piccola tavola rappresentante l’Adorazione de’ Magi (n. 550), due altre piccole tavole (nn. 1, 2) rappresentanti a) l’Istituzione dell’ordine de’ Certosini, b) la Decollazione di San Giovanni Battista” ai “nn. 34, 35, 36” della Distinta dei mobili e oggetti che dal Palazzo di Colorno dovevano essere trasferiti alla Regia Galleria, carta datata 3 giugno 1865, ascrivendoli a “Scuola antica”. Martini (1875) pochi anni dopo confermò che la predella era stata collocata nella Sala dei Dipinti antichi, con l’attuale numero di inventario, ma decise di attribuire l’Adorazione dei Magi a “Scuola Veneta antica” mentre la Decapitazione del Battista e il banchetto di Erode e San Benedetto benedice i monaci ad autore “Incerto”. Il Ricci (1896) uniformò l’attribuzione a “Scuola toscana (sec. XIV)” e sottolineò che si trattava di frammenti di una stessa predella d’altare per l’analogo stile, dimensioni e per “le traccie d’un ornato superiore”. Berenson (1932) fu il primo ad associare la predella al nome di “Spinello Aretino: Florentine”, opinione accettata poco dopo anche da Longhi (Quintavalle 1937-38). Quintavalle (1937-38, 1939a, 1948) suggerì che i tre piccoli frammenti di predella e i due laterali di Spinello (con i Santi Filippo apostolo e Grisante martire e i Santi Daria martire e Giacomo minore apostolo (vedi scheda n. 55) presenti nella stessa Galleria, provenissero tutti da uno stesso polittico e associò la predella agli affreschi di San Miniato al Monte a Firenze per l’analoga “spigliata vivacità”.

Nel 1965 l’attività lucchese e pisana di Spinello Aretino diviene tema d’esordio di una nuova generazione di ricercatori, quella di Bellosi, Boskovits, Donati, Palacios, e una serie di importantissimi articoli escono in contemporanea sulla rivista “Paragone”. Longhi (1965) in questa sede puntualizza la propensione di Spinello per il gotico scultorio “in una intelligente rilettura di Andrea da Pontedera, di Nino e dell’Arnoldi” e sottolinea che la perizia tecnica e l’uso dei ramages sul fondo oro sono un retaggio culturale familiare dell’artista ricordando che “Spinello di Luca usciva da una famiglia, anzi da una dinastia, di orafi”. Un’indicazione importante per la lettura dei tre piccoli pannelli, la cui sontuosità e il lusso dell’ornamentazione tradiscono una provenienza e commissione prestigiosa. Bellosi (1965) ascrive “questo capolavoro della pittura toscana di fine secolo, seppure un po’ malandato e ridipinto” a un periodo “non troppo lontano dagli anni pisani dell’artista”, mettendone in evidenza il legame stilistico, iconografico e le puntuali citazioni dal ciclo ad affresco del Maestro del Trionfo della morte nel Camposanto pisano.

Palacios (1965) invece, pur tenendo conto delle opinioni del collega (“Gli scomparti di Parma sembrerebbero leggermente più evoluti… di quelli di Monteoliveto”) ipotizza che i tre piccoli frammenti siano precedenti agli anni pisani di Spinello e che siano parte integrante dell’importante polittico di San Ponziano, la prima commissione ricevuta dal pittore da parte dell’Ordine olivetano per la chiesa del convento omonimo di Lucca e sicuramente già terminata prima del 7 aprile 1384. In questo giorno è infatti ricordata come tabula nuper facta da magister Spinellus condam Luche de Aretio pictor habitator civitatis Lucane (Archivio Storico Lucchese, Notari, I, a. 1383-84, n. 302, a c. 99v, Ser P. Giuntori, in Concioni-Ferri-Ghilarducci 1994).

Di questo importante polittico lucchese Bellosi (1965) indicava, nello stesso numero di “Paragone”, due scomparti laterali (il San Ponziano e il San Benedetto dell’Ermitage di San Pietroburgo) mentre Palacios ne individuava anche il pannello centrale (Madonna col Bambino in trono circondata da angeli del Fogg Art Museum di Cambridge, Mass., inv. 1917.3, cm 169,5 x 88). Gli scomparti parmensi sia per l’iconografia (gli ornati della veste del San Benedetto duplicano quelli del San Benedetto dell’Ermitage) sia per le misure, “si adeguano perfettamente a quelle dei Santi di Leningrado e della Madonna del Fogg”.

Nel contratto del 7 aprile 1384 stipulato fra il lignario fiorentino Simone del fu Cino, il pittore senese Gabriello del fu Ser Saracino, il pittore Spinello di Luca da Arezzo e fra Nicolao da Pisa, priore del convento olivetano di Santa Maria Nuova a Roma, si sottolineava che il polittico allogato (chiamato poi dalla critica “polittico di Monteoliveto Maggiore” dal luogo in cui è rimasto fino all’800) doveva essere “simile a quella esistente sull’altare maggiore della chiesa di San Ponziano in Lucca”, opera che doveva costituirne il principale modello di riferimento. Quest’indicazione documentaria è risultata fondamentale per la ricostruzione del disperso polittico di San Ponziano, di cui non si hanno ulteriori notizie e il confronto puntuale fra la predella parmense e la gemella olivetana (l’analoga presenza dei “segni degli archetti che formavano l’antica cornice”) costituisce una prova aggiuntiva della sua appartenenza a questo polittico. Lo stesso confronto è stato utile per scoprire quali siano le parti disperse del polittico di San Ponziano: due dei quattro santi (un San Giovanni Battista, essendovi nella predella una scena a lui dedicata, e un San Pellegrino, spesso compagno di san Ponziano, oppure una Santa), due pannelli della predella (uno con una scena di San Ponziano, l’altro con una scena legata al Santo o Santa mancante), la cuspide e i santini che arricchivano la carpenteria.

Nella querelle sulla cronologia della predella parmense (eseguita prima o dopo il soggiorno pisano dei primi anni novanta) interviene anche Boskovits (1966) accettando l’ipotesi proposta da Bellosi ma aggiungendo che Spinello poteva comunque essersi recato a Pisa prima degli anni 1391-92, dato che “motivi dell’Adorazione di Parma, tipi delle tavole di Budapest o di Leningrado già suppongono l’incontro con l’arte del Maestro del Trionfo della Morte”. Inoltre più tardi (1975, seguito da Damiani 1982), aggiunge che “accanto a citazioni da affreschi visti dall’artista a Pisa (nella predella) troviamo osservazioni dal vero (come nei costumi variopinti dei re e del loro seguito)”.

In un saggio dedicato all’attività giovanile di Spinello Aretino, la Calderoni Masetti (1973) propone di identificare il pannello centrale del polittico di San Ponziano nella Madonna col Bambino in trono ex Talenti, un’ipotesi insostenibile perché quest’opera appartiene a un terzo polittico lucchese di Spinello, non documentato, di cui fanno parte i due laterali parmensi della scheda n. 55 (Catalogo… 1994).

Questo saggio del 1973 è particolarmente interessante perché getta luce sull’attività miniatoria di Spinello e puntualizza le tangenze stilistiche e iconografiche tra le opere su tavola degli anni 1384-85 e alcuni manoscritti lucchesi. Così la deliziosa Adorazione dei Magi parmense trova una perfetta corrispondenza iconografica e stilistica in una miniatura di uno stupendo corale (cor. 7, a c. 54r, Lucca, Opera del Duomo) dal tono vivacemente narrativo e dalla fluida articolazione della linea, in cui si ritrova la puntuale citazione del curioso San Giuseppe in atto di sollevare il coperchio del dono appena ricevuto.

Scheda di Silvia Giorgi tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere dall’Antico al Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1997.