- Titolo: Crocifisso con le Marie, Maddalena, una santa badessa e san Giovanni Evangelista
- Autore: Giovanni di Benedetto Cianfanini
- Data: Primo decennio XVI secolo
- Tecnica: Olio su tavola centinata
- Dimensioni: cm. 80 x 44
- Provenienza: Parma, collezione Tacoli Canacci, 1787
- Inventario: GN444
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Difficile ritrovare la provenienza di un quadro non da altare, ma due particolarità iconografiche – il Cristo con le gambe incrociate e la presenza alla sua sinistra di una santa con il saio grigio di benedettina e la croce di badessa – riportano all’ambiente monastico delle vallombrosane, che in Firenze ebbero a quest’epoca due sedi: il convento di San Giovanni Evangelista presso la porta a Faenza e Santa Verdiana.
L’assurda attribuzione all’Albertinelli data dal Tacoli Canacci per riempire la sua lista di quadri offerti al duca con i nomi degli artisti presenti nel lussuoso libro L’Etruria pittrice di Marco Lastri (Firenze 1791-1795) fu scartata già dal Ricci ma non sostituita da altre. Il dipinto appare opera fiorentina del primissimo ’500.
Difficile ritrovare la provenienza di un quadro non da altare, ma due particolarità iconografiche – il Cristo con le gambe incrociate e la presenza alla sua sinistra di una santa con il saio grigio di benedettina e la croce di badessa – riportano all’ambiente monastico delle vallombrosane, che in Firenze ebbero a quest’epoca due sedi: il convento di San Giovanni Evangelista presso la porta a Faenza e Santa Verdiana. Al primo dei due rimanda una possibile identificazione della santa con Umiltà: la veste, salvo la pelle d’agnello in testa, qui assente, è identica a quella nel noto Polittico di Pietro Lorenzetti, e la santa sta accanto a san Giovanni evangelista a cui intitolò il monastero che aveva fondato a Firenze su suo impulso. Al monastero di Santa Verdiana rimanda invece la curiosa posizione delle gambe di Cristo che era così raffigurato in due affreschi del convento non più visibili ma fotografati (Sframeli 1994). Di questa curiosa posizione (che non sapremmo però mettere in relazione con quella analoga delle lastre tombali di guerrieri che avevano partecipato a più di una crociata) la Schiller (1972, pp. 137-139, figg. 450-452) dà alcuni esempi gotici ma senza interrogarsi sul loro significato in questo particolare.
Ciò però non implica che l’opera venga da uno di questi monasteri, intatti fino alle soppressioni napoleoniche, ma piuttosto da una confraternita legata alla spiritualità benedettina. Una possibile attribuzione mi viene suggerita da Anna Padoa Rizzo, che mi indica il nome del cosiddetto “Maestro della leggenda di Apollo e Dafne” individuato da Fahy (1976, pp. 103-112) e poi studiato dalla Pons (1992, pp. 17-22) che ultimamente ne ha proposto l’identificazione con il documentato Giovanni di Benedetto Cianfanini (in D’Afflitto – Falletti – Muzzi 1996, pp. 51-53). Il confronto con le altre opere del gruppo è persuasivo e rafforzato da studi in corso della Padoa su un’attività del pittore per i vallombrosani.
La cornicina neoclassica (con scritta SCUOLA TOSCANA) può ben essergli stata posta dal marchese Tacoli: il quadro è infatti elencato nel ms. 145 della Soprintendenza di Parma al n. 187, che figura, benché cancellato, sul cartellino a tergo. Qui vi è pure il sigillo con l’ape (per cui si vedano le schede nn. 130 e 223 [inv. 43 e 885]) che denota l’esportazione da Firenze: ma nei frettolosi elenchi delle licenze è difficile individuarlo.
Iscrizioni: sul retro, due cartellini a stampa, “ETRURIA PITTRICE N. (a penna) 187 (cancellato) 122” e “Mariotto Albertinelli Fiorentino. Discepolo di Cosimo Rosselli…1475 +1520”