• Titolo: Cristo portacroce con figure di devote
  • Autore: Anonimo emiliano
  • Data: inizi secolo XVII
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: cm 147 x 156
  • Provenienza: Ignota
  • Inventario: GN 919/7
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Deposito

Il dipinto, inedito, è indicato nell’Inventario corrente delle opere della Galleria con il titolo “Cristo e le Marie” di ignoto autore seicentesco. Il recentissimo intervento di restauro con il quale sono stati ripresi tagli e buchi presenti sulla tela ed è stata ripulita la superficie pittorica, consente una migliore individuazione del soggetto rappresentato.

Non si tratta infatti di un Cristo con le Marie ma di un Cristo portacroce con figure di devote: Gesù con la Croce sulle spalle avanza da destra camminando su un percorso disseminato di croci, mentre sulla sinistra un gruppo di donne che si appoggiano su bastoni a forma di stampella gli rivolgono preghiere. Un cartiglio posto sopra di loro e immerso nella luce glorificatrice riporta la seguente iscrizione: VENITE ADME OMNES / QUI LABORATIS, ET HONORATI / ESTIS / ET, EGO REFICIAM VOS. Un equivoco che probabilmente si è generato dall’interpretazione di una delle donne in primo piano, effigiata con abiti discinti e con capelli sciolti, come Maddalena e di conseguenza delle altre come Marie.

La tematica qui proposta pare riprendere, forse in chiave più devozionale, l’iconografia del Cristo fra le Croci di Lelio Orsi. Rispetto all’opera del novellarese qui sembrano avere un ruolo particolarmente rilevante anche le figure delle donne sofferenti. Mentre il Cristo di Orsi è stato variamente interpretato ora come un modello di misticismo dagli intenti prettamente umanistici, ora come il risultato di una particolare politica religiosa attuata presso la Corte di Novellara e in linea con i dettami controriformistici (Hoffmann 1984; Bentini 1986), quindi più confacente alle esigenze di una committenza alta, ma che aveva riscontrato un ampio consenso proprio nella devozione privata, come dimostrano una serie di piccoli dipinti di analogo soggetto, registrati sotto il nome dell’Orsi e diversamente attribuiti dalla Frisoni (1987-88). Si potrebbe supporre che il dipinto della Galleria sia stato eseguito con intenti prettamente devozionali quasi a esprimere una sorta di gratitudine per una grazia ricevuta, vista l’infermità delle donne, e quindi la concessione di una consolazione finale dell’anima, come si evince dalla scritta sul cartiglio. In particolare sarebbe interessante, sulla scorta della scritta .D. CLAUbIA/ SARO/TA ipotizzare un’eventuale committente, forse legata a una delle numerose congregazioni caritatevoli sorte a Parma tra la fine del ’500 e gli inizi del ’600, fatto che potrebbe anche giustificarsi con la scelta di un’iconografia legata al tema della “Croce”.

Una frequentazione con le opere dell’Orsi il pittore di questa tela pare dimostrarla, seppur di popolare elaborazione, anche nei volti e nei gesti dei personaggi. Il linguaggio adottato, benché prediliga una tavolozza dai toni piuttosto cupi, sembra già attento a certi moduli seicenteschi come si evidenzia dall’ambientazione scenografica dello sfondo in cui i grandi alberi si dispongono come quinte sceniche lateralmente, mentre al centro si incunea un piccolo scorcio paesistico di intensa luminosità già in linea con certo fiamminghismo. Nel dipinto risulta particolarmente interessante anche la struttura compositiva ottenuta attraverso un serrata costruzione geometrica che, grazie all’intervento di restauro, si individua per la prima volta nella collocazione simmetrica del gruppo femminile e del Cristo, nella disposizione prospetticamente studiata delle Ccroci in basso e nel raggio di luce che dall’alto illumina il paesaggio di fondo.

Bibliografia
Inventario… s.d.
Restauri
1999 (Coop. Il Metodo)
Scheda di Cristina Quagliotti, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.