- Titolo: Cristo crocifisso con san Lorenzo, la Madonna, e i santi Barbara e Giacomo
- Autore: Anonimo padano
- Data: Inizi XVI secolo
- Tecnica: Tempera su tela
- Dimensioni: cm. 86 x 113
- Provenienza: Calerno (Reggio Emilia), ex oratorio di San Lorenzo; Parma, deposito degli Ospizi Civili
- Inventario:
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il dipinto venne depositato in Galleria intorno al 1961 da parte degli Ospizi Civili di Parma, cui pervenne dall’oratorio di San Lorenzo di Calerno da poco chiuso al culto (documentazione presso la Soprintendenza di Parma).
Nella località reggiana è attestata l’esistenza di una cappella con annesso ospedale per pellegrini e infermi fin dal 1141, dapprima alle dipendenze del Capitolo della Cattedrale di Parma, poi del monastero di San Genesio di Brescello e dagli inizi del XIV secolo dell’Ordine Gerosolimitano, che lo affidò in Commenda con tutte le sue pertinenze; con la soppressione della Commenda a fine ’700, i suoi beni vennero devoluti agli ospedali di Parma, essendo Calerno in territorio estense ma sottoposto alla diocesi di Parma fino al 1828 (Saccani 1907, pp. 8-11).
Fra gli arredi acquisiti, ancora nell’oratorio fino alla sua definitiva chiusura nel 1960, era anche questa tela, raffigurante Cristo crocifisso affiancato da quattro figure, non tutte facilmente identificabili anche a causa dello stato di conservazione.
All’estrema sinistra compare il santo titolare, Lorenzo, ben caratterizzato dalla dalmatica, dal ramo di palma e soprattutto dalla graticola; lo affianca un personaggio femminile, col capo velato, che tiene le mani giunte in atto di preghiera e indossa un manto di colore spento: il volto non più giovane e l’espressione dolente indurrebbero a riconoscervi Maria, dal momento che il “sacellum” risultava dedicato non solo a San Lorenzo ma anche alla “Deiparae Virgini” (Saccani 1907, p. 11). Sul lato destro del quadro è un santo che il mantello, il cappello e il bordone qualificano come pellegrino, probabilmente Giacomo anche se non vi è traccia della canonica conchiglia; la sua presenza risulta del tutto consona alla destinazione del dipinto ad ambiente ospedaliero, come del resto quella di Lorenzo per il suo ruolo di diacono incaricato dell’assistenza agli indigenti. Più difficile invece interpretare l’altra figura, una giovane donna, che per la presenza della pavoncella ai suoi piedi e del calice nella mano destra potrebbe essere identificata come Barbara, mentre resta del tutto misterioso l’elemento nastriforme che regge con la sinistra.
L’impostazione della scena è ancora arcaica, con i santi paratatticamente disposti ai lati della Croce senza una reale definizione della spazialità, ma la salda volumetria dei corpi e la netta descrizione dell’anatomia di Cristo o dei volti sono proprie di un’opera ormai cinquecentesca, che, per quanto si riesce a giudicare, declina una parlata decisamente provinciale nel generale schematismo, nella rigidezza del panneggio e nella sommarietà di alcuni particolari come le estremità inferiori o gli attributi; non manca peraltro una nota di eleganza nel tratteggiare i volti, ad esempio quello di Lorenzo, delicatamente reclinato, o di Barbara, vagamente accostabili a certe figure protoclassiche del Costa e del Francia, mentre si discostano dalla generale omogeneità il panneggio del perizoma e il dettaglio della dalmatica in cui si modulano finti ricami figurati. L’anonimo artista sembra restare entro le coordinate che agli inizi del XVI secolo erano offerte al territorio di Reggio da quei centri a cui, per motivi politici e contiguità geografica, faceva riferimento, cioè in particolare Ferrara, ma anche Mantova e Bologna (Pirondini 1987, pp. 247-248), e non va dimenticato che quasi tutti i commendatari di Calerno furono appunto di origini ferraresi.