Lo stato di conservazione dell’opera che si presenta oggi alterata dalle diverse manomissioni succedutesi nel tempo (quali innanzitutto la ridipintura che investe tutta la parte bassa del piano del sarcofago e che fu stesa successivamente all’applicazione della cornice, lasciando lungo i bordi del dipinto un discreto margine di pittura originale che evidenzia aspetti non solo cromatici ma anche formali, nella parte inferiore, lievemente difformi) non lascia apprezzare appieno le caratteristiche pittoriche; pertanto si deve tentarne la lettura con molta cautela.

Sul dipinto non esiste tradizione storiografica e l’Inventario generale corrente della Galleria non ci informa circa la sua provenienza: dimensioni e immagine ci fanno ipotizzare l’origine in un ambito conventuale femminile, dato infatti il risalto conferito alla Maddalena che qui subentra al san Giovanni il quale normalmente si rappresenta insieme con l’Addolorata nelle Crocifissioni e nei Compianti.

Se la tradizione iconografica è quella delle tante Pietà quattrocentesche e se alla corrente lombardo-mantegnesca tarda e al suo vasto raggio si rapporta il gruppo del Cristo con l’Addolorata, la Maddalena invece rimanda a un ambito più recente, più prossima al Bergognone, mentre lo spunto della prospettiva centrale data dal motivo dei chiodi della Croce, si accosta al modo di inquadrare tipico delle tarsie prospettiche. Pertanto non ci si allontana dalla cultura parmigiana dei primi anni del ’500 dei dintorni di un Alessandro Araldi e la tipologia della Maddalena si accosta a quella della Madonna che in questi anni venne aggiunta a integrare la lacuna già allora prodottasi entro l’affresco quattrocentesco – staccato – esposto in questa stessa Galleria e inventariato al n. 1566 (vol. I, scheda n. 120).

Scheda di Daniela Ferriani tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.