Era la pala dell’altare maggiore della chiesa dei Cappuccini a Parma, dove è ricordata, con calde espressioni di elogio, dalle fonti antiche, a partire da Scannelli (1657, p. 338).

In età napoleonica la pala è trafugata (1799) e portata a Parigi; nel 1815 rientra a Parma e dagli inizi del 1816 è in Galleria (Ricci 1896, pp. 85-86). Non trova seguito la segnalazione di Quintavalle (1939, p. 75) che, rifacendosi alle guide cittadine sei-settecentesche (Barri 1671, cnn; Nota dell’Insigni Pitture… 1725, c. 15; Ruta 1780, p. 39), ricorda due quadri di Annibale, perduti, con San Ludovico e Santa Elisabetta, già collocati ai lati della Pietà e ancora registrati nel primo ’800, dopo il trauma delle soppressioni, nel coro della chiesa (Donati 1824, pp. 135-136; Bertoluzzi 1830, p. 50).

In occasione della mostra bolognese sui Carracci (1956), la Pietà è restaurata e si scopre la data 1585 – inscritta in numeri arabi sotto la mano destra di Cristo – che conferma la cronologia già intuita dagli studi.

Dipinta durante un soggiorno di Annibale a Parma, la pala svela lo studio appassionato su Correggio: dal volo degli angeli che portano la Croce al gruppo con la Vergine svenuta, memore della Deposizione (inv. 352, scheda n. 147) di Correggio, un tempo nella chiesa di San Giovanni Evangelista (Fornari Schianchi s.d. [ma 1983], p. 132). Per emanciparsi dall’artificio della maniera Annibale trova nel “suo diletto Correggio” (Malvasia 1678, ed. 1841, I, p. 282) la guida più congeniale, tanto da essere considerato “un de’ migliori imitatori” (Lanzi 1789, ed. 1974, III, p. 59).

Tra le fonti antiche il giudizio più attento è quello di Bellori che descrive il quadro con amorosa puntualità e conclude con parole insostituibili: “Non si può dire a bastanza quanto Annibale s’internasse e si facesse proprie le migliori parti del Coreggio, così nella disposizione e ne’ moti delle figure, come nel dintornarle e colorirle con la dolce idea di quel gran maestro, e particolarmente nella gloria di sopra che par temprata dal suo pennello” (Bellori 1672, ed. 1976, p. 35).

All’età di venticinque anni, dopo aver portato a termine, con il cugino Ludovico e il fratello Agostino, gli affreschi di Palazzo Fava, Annibale si appresta al colloquio con Correggio incamminandosi per la via battuta dal più anziano Federico Barocci. Il Martirio di san Vitale (Milano, Pinacoteca di Brera) per l’omonima chiesa di Ravenna, firmato e datato 1583 da Barocci, dovette costituire per i Carracci, per Annibale soprattutto, una feconda meta di studio (Mazza 1984, p. 16, con bibl.; Emiliani 1988, p. 9).

Quando Annibale licenzia la grande pala per i Cappuccini, il dibattito sull’arte sacra è quanto mai vivo. A Bologna è stato pubblicato il Discorso intorno alle immagini sacre e profane (1582) del cardinale Gabriele Paleotti e gli artisti lavorano con rinnovato fervore e creativo sperimentalismo. Tra arte e fede Annibale si muove a Parma con sapienza e passione: nella Pietà si è letto “il dipinto più moderno d’Europa” (Emiliani 1988, p. 15) e quello in cui un “nuovo epos cristiano” si fa racconto (Riccomini 1987, p. 35).

Introdotto dai santi francescani Chiara d’Assisi e Francesco – connessi alla destinazione per la chiesa dei Cappuccini – il dramma evangelico è ricreato dall’intrecciarsi dei piani sdruccioli e dall’intensità della luce sul corpo morto di Cristo. Un disegno agli Uffizi (inv. 12418 F) riferisce dell’attenzione di Annibale per la figura centrale della sacra rappresentazione e ricorda lo studio dell’anatomia intrapreso dagli Incamminati sotto la guida del medico Domenico Lanzoni (Ciardi 1993, pp. 209-220). Alle spalle della Vergine la figura di San Giovanni Evangelista pare riflettere, nel gesto e nel manto drappeggiato, invenzioni del coetaneo Bartolomeo Cesi, impegnato “artefice cristiano”. A sinistra l’apertura sul paesaggio al crepuscolo prefigura uno dei grandi temi della pittura di Annibale.

Per la pala si segnalano altri due disegni: uno per la figura di San Francesco, l’altro con studi per una Deposizione (per tutti e tre cfr. Malafarina 1976, p. 93, figg. 231, 232; Emiliani 1984, pp. 168-169, con bibl.).

Iscrizione: 1585

Scheda di Angela Ghirardi tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.