Nell’inventario coevo all’acquisto il grande dipinto è assegnato alla scuola del van Dyck.

Nell’inventario del 1874 compare un’attribuzione a Rubens, rivista nell’Inventario generale corrente in maniera del van Dyck. Il Quintavalle parte dal confronto stilistico con la pittura vandyckiana per giungere ad ascrivere la tela a un “seguace” del maestro “con qualche ricordo dell’Assereto”, fino poi ad apporre a penna il nome di Vincent Malò all’attribuzione già stampata (copia presso la Soprintendenza BAS di Parma e Piacenza).

L’innegabile impronta fiamminga dell’opera, databile entro la metà del ’600, può infatti portare alla fucina genovese (non casuale è il riferimento asseretiano) e alla forte presenza di artisti fiamminghi in città, non solo, comunque, limitatamente al secolo di Rubens (Boccardo – Di Fabio 1997).

Lo stato attuale di conservazione dell’opera non ne facilita la lettura; la materia pittorica, tuttavia, non pare vicina a quella del Malò, pur nelle vaghe affinità stilistiche con opere di confronto (Pagano – Galassi 1988, n. 417). La matrice ispirativa dell’ignoto artista, su cui possono anche aver inciso suggestioni del Roos, è in quest’area forse maggiormente riconducibile al Rubens, del quale il dipinto in questione potrebbe essere una copia parziale o totale, anche se al momento non si è rintracciato alcun diretto confronto. Si segnala comunque, grazie all’indicazione di Franco Boggero (com. or.), un’analogia con una tela dal medesimo soggetto, sempre attribuita ad anonimo, conservata alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di Pellicceria a Genova, al secondo piano, nel salotto in capo alla Galleria degli Specchi.

Bibliografia
Inventario… 1834, n. 69;
Inventario… 1874;
Quintavalle A.O. 1939, p. 206 con bibl. prec.;
Ghidiglia Quintavalle 1960, p. 34
Restauri
1882 (S. Centenari);
1939 (A. Verri);
1947-48
Scheda di Alessandra Toncini Cabella, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.