• Titolo: Costruzione del ponte sulla Schelda
  • Autore: Anonimo fiammingo
  • Data: Fine del XVI secolo
  • Tecnica: Tempera grassa su tavola
  • Dimensioni: cm 52 x 289,5
  • Provenienza: collezione Farnese; già a Napoli e a Caserta; in Galleria dal 1943
  • Inventario: 1473
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Deposito

Al centro della tavola spicca l’iscrizione che documenta la costruzione del ponte di barche sulla Schelda, voluto da Alessandro Farnese per chiudere d’assedio Anversa nel 1584.

Il cartiglio è affiancato a sinistra da uno stemma del re di Spagna Filippo II, con corona e Toson d’oro, e a destra da quello del Farnese, anch’esso con corona e Toson d’oro, affiancato da una grande lettera A, iniziale del condottiero. Il fondo monocromo, di colore grigio, appare animato da vivaci scenette raffiguranti la costruzione del ponte, tutte legate da un nastro di colore rosso. Agili figure di carpentieri, fabbri, falegnami sono intente a trasportare tronchi, innalzare strutture, forgiare pezzi, assemblare parti, costruire barche e il fervore dei lavori è descritto con un’oggettività e un’animazione di gusto nordico, quasi da miniatura. Se le soluzioni stilistiche consentono una datazione intorno alla fine del XVI secolo, la dimensione, la speciale configurazione della tavola e l’iconografia piuttosto inconsueta aprono una serie di quesiti inerenti alla funzione dell’oggetto. La tecnica di esecuzione, rapida e corsiva, non è riferibile a un’opera destinata a rappresentare ufficialmente l’assedio, rimasto celebre nella storia militare e destinato a conferire prestigio ad Alessandro Farnese e alla casata. La fama acquisita dal condottiero in questa impresa, che segna la fine della resistenza protestante delle province fiamminghe, è infatti straordinaria e celebrata attraverso ritratti ufficiali, come quello del de Saive conservato in Galleria (inv. 1001, vedi scheda n. 276), medaglie, testi letterari e incisioni, una delle quali è elencata nell’inventario di Palazzo Farnese del 1644 (Jestaz 1994, p. 71) e del 1653 (Bertini 1987 p. 209).

All’epoca della restituzione del dipinto a Parma, il Quintavalle ha ipotizzato che potesse trattarsi della parte di una decorazione effimera fatta in occasione della vittoria di Alessandro sulla città fiamminga, ma la proposta non ha trovato seguito presso la critica più recente. Un certo interesse nei confronti dell’avvenimento storico è testimoniato dagli inventari farnesiani, dove ricorrono rappresentazioni del ponte di Anversa.

Si tratta di incisioni o disegni tirati su tela elencati negli inventari del 1644 (n. 3087) e del 1653 (nn. 157 e 183) del Palazzo Farnese di Roma, probabilmente due esemplari differenti con diverse dimensioni, e in quello relativo alla stessa residenza del 1662-1680 (n. 295). Nell’elenco dei quadri inviati da Roma a Napoli nel 1760 (Bertini 1987, p. 300) al n. 45 è riportato “Il Coperchio, in tavola, del modello di un ponte fatto sulla Schelda da Alessandro Farnese. Pittura a tempra del 1585. Scuola di Rubens”.

Quest’ultima descrizione ha fatto presupporre una nuova ipotesi (Ceschi Lavagetto 1995a, p. 277) relativa all’impiego della tavola come protezione di un eventuale plastico del ponte di Anversa. Si sa infatti che Alessandro Farnese fa eseguire, da un artigiano di Gand, un modellino del ponte sulla Schelda e che questo viene inviato a Roma. D’altra parte Jestaz sostiene che, nell’inventario del 1644 (n. 3748), l’oggetto descritto come “Un disegno d’un ponte fatto sulla Schelda dal Ser.mo duca Alessandro in Fiandra nell’assedio di Anversa, coperto di vacchetta nera, sopra due trespidi” sia in realtà una maquette, anche se forse non esattamente quella eseguita a Gand da Louis Cambien.

Iscrizione: Pons ab/Alexandro Farnesio/in Gallia Belgica Philippi/Regis Catholici Praefecto/maximo svpra Scheldam/Flvmen in obsidione/Antverpiensi constrvctvs/Anno. M.D.LXXXIV

Scheda di Nicoletta Moretti tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.