- Titolo: Carlo V prova i propri funerali
- Autore: Biagio Martini
- Data:
- Tecnica: Inchiostro bruno a penna e acquarello grigio su carta avorio
- Dimensioni: 34,1 x 49,6
- Provenienza: Parma, collezione Rossi Beccali, 1851
- Inventario: Inv. 515
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il disegno entrò a far parte delle raccolte dell’Accademia nel 1851 coll’acquisizione della quadreria Rossi Beccali, nel cui inventario figura al n. 20 con la stima di 100 lire. Giuseppe Rossi, noto medico e amatore d’arte, era in rapporti di personale amicizia col Martini, come si evince dall’iscrizione apposta a un altro disegno della Galleria (inv. 1082; cfr. scheda successiva) e possedeva vari suoi lavori. Del resto la produzione grafica dell’artista ebbe un ruolo di primo piano nel collezionismo cittadino dell’epoca (Cirillo – Godi 1991, p. XXXV), sia per la qualità intrinseca sia per la consistenza quantitativa, essendo il Martini disegnatore instancabile quanto pittore non particolarmente prolifico.
Ed è proprio nei disegni che talora emerge quella tendenza al rigore e alla solenne composizione di stampo neoclassico nei dipinti in genere tralasciata per formule più fluidamente settecentesche, basti pensare ai disegni preparatori al saggio del 1791 (cfr. Cirillo – Godi 1991, pp. 226-227) o ad alcuni soggetti storici poi trasposti in incisione dalla Società parmense dei pittori e incisori all’acquarello fondata dall’allievo Paolo Toschi (Morte di Lucrezia, Morte di Agrippina, Gismunda beve la cicuta, cfr. Medioli Masotti 1973, nn. 17-18, 9). Il lavoro in esame rappresenta il curioso episodio di Carlo V che, ancora in buona salute, prova le proprie esequie nella chiesa del monastero di Yuste, in Estremadura, dove si era ritirato dopo l’abdicazione del 1556, aneddoto di una tematica relativa agli ultimi anni di vita del sovrano particolarmente consona alla pittura ottocentesca di gusto troubadour (cfr. La epoca… 1999, pp. 63-64). Nel disegno ritorna il gusto per una vasta coreografia di figure e per un’ambientazione goticheggiante che caratterizza anche quello preparatorio al dipinto Paolo III incontra Carlo V a Busseto commissionato al Martini da Maria Luigia nel 1820 e terminato nel 1827 (cfr. Mecenatismo… 1974, pp. 17-18). In questo caso però, anche in considerazione della tematica, tutto è più rigoroso, “di una severità quasi purista” (Cirillo 1992b), tanto nelle sfrondate architetture quanto nella disposizione dei personaggi ben distribuiti nei vari gruppi, quello principale coll’imperatore fortemente illuminato, quello dei sacerdoti officianti solennemente paludati (alla Callani), quello più mosso dei monaci in controluce. Se pure con qualche inesattezza tecnica (Cirillo 1992b), il tratto è veloce ed efficacemente stilizzato, così da creare un bel contrasto tra le figure e la scabra linearità dei piani; tocchi decisi connotano poi i volti, in particolare quelli dei monaci.
La possibile datazione è offerta da uno studio preliminare a matita, il n. 48 del ms. 3696 presso la Biblioteca Palatina di Parma, segnato nel verso 22 novembre 1825 (Cirillo – Godi 1991).