Il dipinto raffigura un canale (presumibilmente il Canal grande a Venezia) attraversato da un ponte che ricorda quello ideato da Palladio (cfr. scheda successiva), ma con cinque archi e una copertura a nicchie e cupola schiacciata. Sulle fondamenta a sinistra appare un edificio circolare a tre piani, con un portico rettangolare decorato da colonne, pilastri e sculture. Case veneziane si notano a sinistra e a destra del ponte; a sinistra si innalza un campanile vicino a quello della chiesa di San Pantalon, a destra se ne intravede un altro simile a quello di San Polo (Constable – Links 1989).

Secondo Emanuele Cicogna (1842, V, p. 342) “negli anni scorsi si vedevano qui [a Venezia] pure appo i signori conti fratelli Corniani due superbi dipinti del Canaletto, che li avevano ereditati dal conte Algarotti loro zio; dipinti che oggidì stanno nella Ducale Galleria di Parma”. Uno di questi è il Capriccio con edifici palladiani, il secondo è stato identificato con questo, anche per la coincidenza delle misure. A parere del Ricci (1896) nell’edificio a sinistra del ponte sarebbe da riconoscere una rappresentazione idealizzata di Castel Sant’Angelo, in accordo con la descrizione del Catalogo dei quadri… del fu Sig. co. Algarotti (p. XV) di un “quadro simile a quello di Antonio Canal soprascritto” (il Capriccio palladiano della scheda seguente), attribuito a Giuseppe Moretti che vi avrebbe “perfettamente imitata la maniera del Canaletto”. Ma la descrizione del Catalogo precisa: “il sito è lo stesso [del Capriccio palladiano], in luogo del ponte presente evvi l’antico di S. Angelo di Roma. Alla destra vedesi una gran piazza con magnifica scalinata sul canale, nel mezzo della quale sorge il sepolcro di Adriano (ora Castel Sant’Angelo) come lo rappresentano le antiche medaglie. Alla sinistra evvi poi il ponte del Palazzo Dolfino ed altre fabbriche con barche e gondole”. Non sembrerebbe dunque assolutamente identificabile col nostro dipinto, per la mancanza della “gran piazza con magnifica scalinata” e del “ponte di Palazzo Dolfino”, ma anche perché assai difficilmente si potrebbe contrabbandare la rotonda per un’immagine idealizzata di Castel Sant’Angelo.

Secondo il Puppi (1982), se le informazioni del Cicogna sono esatte, bisognerebbe supporre che ai Corniani fossero pervenuti dal lascito Algarotti il Capriccio palladiano e un pendant, eseguito più tardi dal Moretti a imitazione di Canaletto. Questa redazione sarebbe andata perduta nel passaggio agli Aglietti, che avrebbero provveduto a farne eseguire da un anonimo artista, un’altra, passata nella raccolta di Maria Luigia e quindi alla Galleria di Parma.

L’ipotesi appare troppo complicata, anche perché due versioni con lievi differenze degli stessi soggetti sono passate a Londra da Sotheby’s il 12 luglio 1972 come Canaletto, e la loro successiva pulitura avrebbe rivelato nel gemello del dipinto che stiamo analizzando una maggior autografia (Constable – Links 1989).

Esisteva quindi ab antiquo una copia dei due capricci. Resta inspiegabile la citazione nel Catalogo non coincidente col soggetto della nostra veduta, che pure appartiene a Canaletto, con la partecipazione della bottega.

Bibliografia
Martini 1875, pp. 69-70;
Pigorini, 1887, p. 31;
Ricci 1896, p. 359;
Voss 1926, p. 26;
Sorrentino 1932a, p. 16;
Fritzsche 1936, p. 175;
Quintavalle A.O. 1939, p. 128;
Quintavalle 1951-52, p. 12;
Ghidiglia Quintavalle 1960, p. 36;
Constable 1962, II, p. 407;
Puppi 1968, p. 119, n. 330;
Kozakiewicz 1072, II, pp. 480-481;
Constable – Links 1976, II, p. 348;
Puppi 1982, pp. 74-75;
Constable – Links 1989, II, p. 348, n. 459
Mostre
Parma 1948;
Venezia 1985
SCHEDA DI NEPI SCIRÈ, TRATTA DA FORNARI SCHIANCHI L. (A CURA DI), GALLERIA NAZIONALE DI PARMA. CATALOGO DELLE OPERE. IL SETTECENTO, FRANCO MARIA RICCI, MILANO, 2000.