- Titolo: Capitello con grifone che ghermisce un capretto
- Autore: Anonimo
- Data: Primi due decenni del XII secolo
- Tecnica: Altorilievo
- Dimensioni: h 20,5, base sup. 24 x 17 (max cons.), diam. base inf. 14
- Provenienza: ignota; già Parma, Museo Archeologico
- Inventario: GN2104
- Genere: Scultura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Dal Medioevo a Leonardo Ala Ovest
Il capitello ha un lato scheggiato e forse scalpellato per essere addossato a parete e presenta lacune e corrosioni in corrispondenza del collarino e della cornice superiore.
Sul vaso è scolpito un grifone con la testa crestata rivolta all’indietro, in atto di ghermire con le zampe anteriori un capretto intento a brucare un ciuffo d’erba.
Completano l’iconografia del grifone due piccole orecchie, ora appena intuibili a causa delle abrasioni, un becco adunco, ali da rapace, il sesso ben evidente e una lunga coda che termina in una piatta foglia tripartita.
È pubblicato dalla Fornari Schianchi (1989), che lo attribuisce alla produzione padana del XII secolo e ne sottolinea l’abile definizione dell’anatomia degli animali che simboleggiano la lotta fra il Bene e il Male.
La Rapetti (1990), vistane l’alta qualità e l’assenza di elementi vegetali interstiziali, lo avvicina alla produzione dell’officina della Cattedrale di Parma, in particolare ai capitelli che il Quintavalle (1974, pp. 144-145) aveva riferito al “Maestro dei Mesi”; istituisce inoltre dei confronti diretti con alcuni capitelli dei pilastri dei matronei, soprattutto quello con draghi bipedi alati (pilastro 13, matroneo nord), individuandone l’identità della mano.
Di certo la simbolica scena di lotta che si sviluppa liberamente sul vaso liscio del capitello costituisce uno stacco dai bestiari medievali di tradizione lombarda, in genere avviluppati nel tralcio o circondati da scenografie vegetali. In questo caso sono i volumi e i movimenti degli animali che definiscono l’intero spazio, secondo una ritmica che è stata giustamente paragonata a quella dei capitelli nei pilastri dei matronei nella Cattedrale parmense. Infine, la precisa definizione dei volumi, la fine descrizione delle ali del grifo e la soluzione compositiva del pezzo individuano nell’autore un maestro di alta qualità, attivo certamente nel cantiere della Cattedrale.
Il capitello della Galleria Nazionale può essere positivamente confrontato anche con i simboli evangelici del nartece di Badia Cavana (1115-1117), soprattutto per la capacità di unire la fine scrittura dei particolari a un’articolazione dello spazio resa dal movimento e dalla volumetria dei corpi. Non si tratta dunque di un’opera che riprende i modelli del cantiere parmense, ma ne è un prodotto diretto e quindi si dovrà datare entro i primi due decenni del XII secolo.