- Titolo: Capitello binato con San Martino che dona il mantello al povero
- Autore: Anonimo
- Data: Primo quarto del XII secolo
- Tecnica: Mediorilievo
- Dimensioni: h 20, base sup. 34 x 22, base inf. 24,5 (diam. di ciascuna base 12,5)
- Provenienza: ignota; già Parma, Museo Archeologico
- Inventario: GN1826
- Genere: Scultura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Dal Medioevo a Leonardo Ala Ovest
Il capitello presenta numerose abrasioni, soprattutto nella parte superiore, e una grossa lacuna in corrispondenza della testa di San Martino. È ornato su tre lati da foglie d’acanto aderenti e strigilate, finite con fori di trapano che ne segnano i bordi e le nervature, da cui si dipartono piatti caulicoli aperti, appena segnati da una sottile nervatura, che formano archi a tutto sesto continui e si trasformano su un lato in vere e proprie colonnine.
Su uno dei lati corti la decorazione vegetale si interrompe per lasciare posto all’episodio dell’Elemosina di san Martino: il santo, ora acefalo, taglia il mantello, mentre il povero di fronte a lui, vestito solamente di un corto gonnellino e quasi inginocchiato, afferra il lembo tagliato.
La Fornari Schianchi (1989), che lo pubblica per prima, lo collega “ad una maniera diffusa in Emilia e nel Parmense fra XII e XIII secolo e derivata genericamente dall’Antelami per la concezione spaziale, il modellato e il senso narrativo della scena”, anche se non mancano esempi più antichi nella Cattedrale di Parma.
La Zanichelli (1990b) istituisce invece degli stretti legami con l’officina attiva in Cattedrale all’inizio del XII secolo, in particolare con l’analoga scena del capitello su parasta saliente n. 33, già attribuito dal Quintavalle (1974) al caposcuola stesso, prima identificato come Maestro dei Mesi e ora con Nicolò. In seguito alla minuziosa analisi delle posizioni dei personaggi, del vestiario e delle tipologie dei volti, la Zanichelli individua nel capitello binato la stessa mano che ha scolpito la scena con il San Martino già citata, nonché l’episodio analogo nella lastra proveniente da una recinzione presbiteriale recentemente scoperta e anch’essa attribuita a Nicolò (Quintavalle 1984); infine anche l’ornato vegetale, confrontato con i capitelli delle emicolonne angolari salienti nn. 31, 34 e 36 in Cattedrale, confermerebbe l’attribuzione proposta.
La convincente analisi condotta dalla Zanichelli permette di individuare all’interno dell’officina della Cattedrale di Parma l’unitarietà del programma iconografico svolto nei vari pezzi scolpiti. L’episodio di San Martino – del resto presentato non secondo l’iconografia più consueta che vuole il santo a cavallo – realizzato nei tre pezzi parmensi (il capitello in Cattedrale, la lastra erratica e il capitello binato ora nella Galleria Nazionale) seguendo lo stesso schema compositivo, la stessa disposizione delle figure e la stessa gestualità dimostra certamente l’esistenza di un patrimonio di disegni al quale attingevano gli scultori di quell’officina.
Del resto, alcuni particolari esecutivi, come l’inusitata soluzione degli archetti, l’uso consistente del trapano e la resa piuttosto grafica e piatta delle pieghe, non paiono caratteristiche riferibili esclusivamente al caposcuola. Questo può suggerire la possibilità di distinguere l’autore di questo capitello dal Maestro dei Mesi, pur essendo evidente, per le motivazioni espresse dalla Zanichelli, che essi appartengono di certo alla stessa officina alla quale si deve la maggior parte dei capitelli della Cattedrale.
Si tratta comunque di uno scultore di notevole qualità, probabilmente impegnato a realizzare un importante complesso (forse un chiostro), al quale potrebbero riferirsi anche altri capitelli binati della Galleria Nazionale (vedi schede nn. 6 e 7), il cui lavoro si può circoscrivere entro il primo quarto del XII secolo.