• Titolo: Campagna romana presso Tivoli con vista degli acquedotti di Nerone
  • Autore: Luigi Marchesi
  • Data: 1852
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: 99 x 138
  • Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti (inviato dall’artista come saggio di pensionato); attualmente in deposito presso la Prefettura di Parma
  • Inventario: Inv. 95
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Deposito

Un gustoso disegno caricaturale di Isacco Gioacchino Levi (nell’Album dell’artista conservato presso il Museo di Villa Pallavicino a Busseto) ed eseguito a Roma nel 1852, mette in scena Marchesi, borghesemente vestito e seriamente impegnato davanti a tela e cavalletto, insieme a due artisti originari di Reggio Emilia: Alessandro Prampolini, pittore di paesaggio allievo di Antonio Fontanesi, e Domenico Pellizzi, autore di opere di soggetto storico e mitologico, rifugiatosi a Roma per motivi politici; aprendoci così una finestra sulle sue frequentazioni e amicizie nella capitale.

Con la tela in oggetto, le cui dimensioni maggiori rispetto al consueto sono proporzionali all’ambizione del risultato da raggiungere, Marchesi ottiene dal corpo accademico parmense la nomina a succedere nella cattedra di Paese al suo maestro Giuseppe Boccaccio superando così lo storico rivale Erminio Fanti che pure, maggiore di quattro anni, aspirava a quel ruolo (per la ricostruzione dettagliata dell’intera vicenda cfr. Mavilla 1998, pp. 29-32). La richiesta era già stata presentata dal padre dell’artista tempestivamente, mentre Luigi soggiornava ancora a Roma avendo ottenuto il rinnovo del pensionato per un altro anno, ma la direzione dell’Accademia si era riservata la decisione in attesa di visionare il secondo saggio, questo. È perfettamente leggibile nell’opera l’impegno di studio, tecnico ed emotivo implicito: nelle stesse dimensioni appunto, nella scelta del soggetto, nella precisa accuratezza della stesura, nella ricchezza della materia cromatica che dona spessore e varietà alle frasche, alle erbe, alle terre.

Ne esce tuttavia, forse proprio per questo, perché risulta troppo importante per la “carriera” dell’artista, che era di famiglia assai modesta, un’opera algida, cristallina e rigorosa ma un po’ ingessata, che ricorda certo paesaggio francese sì, ma della fine del secolo precedente, per esempio quello, neopoussiniano e quasi nordico, di Teti immerge Achille nello Stige del Borel che, guarda il caso, aveva vinto il Primo premio nel 1788 ai concorsi dell’Accademia borbonica (inv. 553; cfr. Fornari Schianchi 2000a, p. 174). Il confronto mi appare così stringente da non poter essere casuale ma interpretabile come una sorta di captatio benevolentiae, una sottile, non esibita, delicata flatterie nei confronti della ricchezza del patrimonio artistico cittadino, dell’Accademia e dei suoi concorsi, della loro oculatezza e lungimiranza. E infatti: la nomina a professore arriverà il 19 maggio 1852.

Bibliografia
Ricci 1896, p. 366;
Mavilla 1998, p. 94;
Lasagni 1999, vol. III, p. 363
Mostre
Firenze 1861;
Parma 1913;
Parma 1998
Luisa Viola, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.