- Titolo: Busto dell’abate Giovanni da Parma
- Autore: Michel Desoubleay, detto Michele Desubleo
- Data:
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 56 x 45
- Provenienza: Parma, Gian Simone Boscoli, 1690; Andrea Boscoli, 1708
- Inventario: GN 919/23
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il dipinto, che non possiede una fortuna critica moderna, è da ascrivere con sicurezza a Michele Desubleo, il pittore fiammingo-bolognese che, dopo esser stato a lungo operoso a Bologna, Modena e Venezia, stabilì la propria dimora a Parma e qui lasciò le ultime testimonianze della sua attività.
La teletta propone di fatto il volto del beato Giovanni da Parma, canonico della Cattedrale e primo abate di San Giovanni Evangelista quale compare nella parte inferiore della pala raffigurante la Madonna col Bambino in gloria adorata da san Fermo e dall’abate Giovanni, eseguita dal Desubleo nel 1671 per il Duomo di Parma e ivi tuttora conservata (per la datazione del dipinto, cfr. Cirillo – Godi 1986).
L’alta qualità garantisce peraltro circa la completa autografia del quadro. In questo stesso senso si esprime del resto una preziosa testimonianza inventariale che gli va senza alcun dubbio riferita e che consente di precisarne la provenienza. Nell’inventario dei dipinti appartenuti a Gian Simone Boscoli, redatto nel 1690 e integralmente riprodotto da Campori (1870), si trovano infatti menzionate “Due teste d’alt[ezz]a on[ce] 13 [corrispondenti a circa 60 cm] – Uno è S. Fermo armato con un manto cremisino di dietro le spalle, stimata doppie tre. L’altro S. Giovanni primo abbate con la cappa da canonico, tutti di mano del Desobleo fiammingo, e sono i modelli che fece nel quadro che ha fatto nel Duomo di questa città, cornice bianca, stimati dopie tre”. Con la stessa indicazione i due quadri compaiono nel più tardo inventario redatto nel 1707 alla morte del marchese Andrea Boscoli, nipote di Gian Simone, residente in borgo Riolo (Cirillo – Godi 1995). Mentre l’Abate Giovanni è pervenuto alla Galleria Nazionale, dove è stato riconosciuto al pittore da chi scrive e, indipendentemente, da Massimo Pulini, il San Fermo ha avuto sorte diversa e si conserva attualmente in una collezione privata bergamasca. Risulta peraltro difficile ritenerli veri e propri “modelli” preparatori, trattandosi piuttosto di repliche autografe eseguite come ricordo o in base alla precisa richiesta di un qualche committente privato.
Con la pala del Duomo, dalla quale dipende, la tela illustra i modi estremi del Desubleo, connotati da una stesura estremamente controllata e analitica, che – come ha notato Lucia Peruzzi (1986) – mentre conferisce alla figura un eccezionale sbalzo plastico, consegue un effetto raggelante rispetto alla più felice immediatezza della produzione giovanile del pittore, segnata da un non convenzionale ossequio ai modi di Guido Reni, di cui il pittore era stato allievo dopo una prima attività in patria e un soggiorno romano che spiega l’accento naturalista che pure connota la sua pittura.