- Titolo: Beata Vergine addolorata (copia da Guercino)
- Autore: Giuseppe Bissoli
- Data:
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 37 x 27 (tela); cm 122 x 72 (cornice)
- Provenienza: collezioni ducali; Parma, Accademia di Belle Arti
- Inventario: Inv. 1869
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Nel 1865 il piccolo quadro, con la grande cornice dorata, fu “Levato dalla stanza da letto dell’appartamento nuovo. Segnata in pianta con il n. 19” e passò insieme ad altri oggetti dalla Direzione demaniale di Parma alla R. Accademia, “… coll’espressa riserva fatta dal Ministro delle Finanze, che detti quadri ed oggetti abbiano a rimanere sempre di proprietà del Demanio Nazionale…” (Cartella Inv., Archivio dell’Accademia). Successivamente, nel 1894, il dipinto, che allora portava il numero d’inventario 417, sempre con annessa cornice, venne ceduto dal direttore della Pinacoteca Corrado Ricci per ordine del ministro della Pubblica Istruzione, insieme ad altre sette opere, al R. Museo di Antichità (Archivio Soprintendenza BAS di Parma e Piacenza) e ivi rimase fino agli anni Sessanta del XX secolo, quando, per competenza, ritornò alla Galleria Nazionale.
La piccola tela è indicata sempre come copia da Guercino ad opera del Bissoli, certamente quel Giuseppe che, allievo dell’Accademia, era stato per tanti anni protetto dalla duchessa e che nel 1867 si trovò ad aspirare al ruolo di custode dell’Accademia; incarico che ottenne con 11 voti a favore per “le sue sventurate, angustissime condizioni” (Corrispondenza 13 agosto 1867) e che mantenne fino alla morte, avvenuta l’8 gennaio 1875. Per altri suoi dati biografici si rimanda alla scheda precedente (inv. 807). Certamente il nostro quadro è quella Beata Vergine Addolorata, che egli dipinse nel 1841 su commissione di Maria Luigia, ricevendone il compenso di 400 lire (Carteggio… 1841) e che passò in eredità per desiderio della duchessa a Leopoldo d’Austria e rimase quindi di proprietà demaniale (Mecenatismo… 1974, p. 167).
L’Addolorata originale del Guercino si trovava a Parma nella collezione Dalla Rosa-Prati e appare nell’elenco, siglato nel 1843 da Paolo Toschi, delle opere che i marchesi desideravano vendere alla R. Pinacoteca. Nella lista occupa l’ultima voce e fu offerta al posto di un quadro d’altare di Girolamo Mazzola (malamente restaurato) stimato 6000 franchi, che inizialmente era stato proposto in vendita e che nelle successive trattative venne ritirato e sostituito con la tela del Guercino, di valore inferiore, solo 3000, ma che poteva essere di particolare interesse per il museo che “non ha che cose mediocre” di quel maestro. La collezione venne poi acquistata nel 1851, ma quest’opera del Guercino non risulta fra i dipinti passati al museo, bensì entrò quasi subito fra i beni del Guardamobile e dovette poco dopo scomparire “rubata dal Governo Parmense” (Inventario… 1851).
Tuttavia l’immagine guercinesca di quella tela, che conferma la fedele attività di copista del Bissoli, ci è nota tramite un’incisione di Angelo Rossena, impressa nella Calcografia Toschi (Fon. Parmense n. 1864, Biblioteca Palatina), tratta nel 1836 dall’originale presso la famiglia Dalla Rosa-Prati e la stessa stampa fu esposta alla mostra del 1947 “quadro del Guercino asportato dal palazzo ducale di Parma nel 1859” (Lombardi 1947, p. 17). Probabilmente l’immagine devozionale del Guercino era molto ammirata e il Bissoli seppe con sufficiente diligenza rispettarne le proporzioni e gli effetti chiaroscurali, servendosi della stampa, ma potendo, tramite il Toschi, forse accedere anche all’originale. A Roma, in una collezione privata si conserva una tela con la stessa iconografia, ritenuta dai più una copia dal Guercino, la cui opera autografa non è stata ancora rintracciata (Cantalamessa 1914, p. 217, f. 3; Salerno 1988, n. 352, p. 408). Nel 1877 un dipinto con la stessa immagine venne presentato all’Accademia per un giudizio e si pensò che fosse l’opera trafugata. Successive indagini precisarono invece che l’Addolorata, simile a quella dei Dalla Rosa, proveniva dalla collezione dei conti Baiardi ed era stata ereditata da Amadio Rosazza che la cedette a don Giulio Barozzi e poi a Fabio Bocchialini (Corrispondenza… 1877).
La ricca e complessa cornice che racchiude la nostra tela, che bene si adatta e valorizza le sue dimensioni, ripropone in miniatura, con la sola variante nella zona centrale della colomba, quella grandiosa del romano Giovanni Setti realizzata nel 1697 per la chiesa di San Sisto a Piacenza e, sebbene Cirillo e Godi (1983) la considerino settecentesca, ci pare un’imitazione ottocentesca, presumibilmente realizzata per il dipinto del Bissoli.