Nel 1928 le due tele furono proposte allo Stato dall’avvocato Domenico Bolgheroni, che curava gli interessi dell’eredità De Giorgi, in qualità di tutore di minori per conto della signora Amalia Ferni vedova De Giorgi, parente di Giovanni De Giorgi, brillante avvocato e collezionista d’arte, “discepolo di Laudadeo Testi”, deceduto nel 1926, all’età di quarantadue anni.

Per i dipinti, pur accettati con riserva come opere di Spolverini, venne offerta la somma totale di 6.500 lire e l’autorizzazione d’acquisto giunse dal Ministero nel 1929 (cfr. Archivio Soprintendenza BAS di Parma e Piacenza).

Nella Quadreria dell’avvocato De Giorgi, nel 1922 Copertini (p. 399) segnalava la presenza di un dipinto di Sebastiano Ricci e come annota nel necrologio l’ignoto cronista della “Gazzetta” (26 marzo 1926, p. 3) nella sua collezione aveva raccolto molti beni fra mobili e oggetti d’arte, comprese le due Battaglie, che in mancanza di una più ampia storiografia sui battaglisti del ’600 parmense, sembrava allora logico attribuire allo Spolverini (Pelicelli 1937a).

La Ghidiglia Quintavalle nel 1968 attribuisce le Battaglie, pur mantenendole nella tradizione della Scuola del Borgognone, a un seguace di Francesco Simonini – un artista contenuto nel ritmo narrativo e nei gesti, e particolarmente elegante nel segno, sia grafico che pittorico, spesso interrotto in vibrazioni di luce, come possiamo apprezzare dopo i recenti contributi critici (Zecchini 1976; Godi 1991, p. 54; Consigli 1994, pp.  419-421) – e vi trovava nella caratterizzazione accentuata delle figure elementi “più rozzi” rispetto alla produzione conosciuta di questo maestro, allievo – secondo l’Orlandi – del Brescianino, ma sicuramente – come ricorda il Lanzi – di Spolverini.

Preferiamo spostare tale attribuzione all’ambito del Monti, per la forte carica espressiva, accompagnata da un disegno marcato e netto nei piani, che anche Raffaella Arisi (1975) trova lontano sia dallo Spolverini che dal Simonini, proponendo invece assonanze, che non ci pare di riscontrare, con due tele affollate da miriadi di personaggi, apparse sul mercato antiquario con il nome di Faustino Bocchi, artista bresciano formatosi sotto l’Everaldi (maestro anche del Brescianino) dalle fonti documentato battaglista, ma la cui fama è legata alle bambocciate (Boselli 1969, pp. 70-72).

Fra le due tele comunque si avvertono lievi differenze nella resa nitida delle luci, maggiormente impastata in un cromatismo bruno appare la Battaglia (inv. 1160), più vicina ai caratteri di “vero combattimento” tipici di Francesco Monti, mentre nell’altra la violenza dei colori accentua la carica espressiva del groviglio dei corpi e richiama l’attenzione sui volti, maschere piene di panico, specie nel fuggitivo a destra, che sembra uscito da una tela di un “bambocciante” o comunque di un artista che ha esasperato le soluzioni adottate dal Brescianino.

Bibliografia
Quintavalle A.O. 1939, pp. 233-234;
Ghidiglia Quintavalle 1968b, p. 89;
Arisi R. 1975,
12-13
Restauri
1959-60
Mostre
Parma 1968
Scheda di Mariangela Giusto, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.