- Titolo: Annuncio ai pastori
- Autore: Francesco Maria Rondani
- Data: ca 1530
- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensioni: cm 46 x 36
- Provenienza: Parma, collezione Dalla Rosa Prati, 1851
- Inventario: GN863
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Rinascimento in Emilia Ala Nord Ovest Bassa
La piccola tavola, appartenuta alla collezione Dalla Rosa-Prati e probabilmente destinata in origine alla devozione privata, è stata costantemente attribuita a Francesco Maria Rondani.
Ricci (1896), che la ritiene un bozzetto, si limita a considerare ragionevole l’attribuzione tradizionale; Quintavalle (1939) rileva come peculiari di Rondani la resa del notturno, la subitanea evidenza dell’angelo che appare folgorante nella estremità superiore del dipinto, il rossore dell’incarnato dei pastori; la Ghidiglia Quintavalle (1968d) ritiene ridipinto l’angelo annunciante, ma vede spiccati i caratteri dell’artista parmense nelle accentuazioni fisionomiche, nell’accensione cromatica e nella profondità del paesaggio di fondo.
Nel 1976 Francis Russell puntualizza cronologicamente le tappe della vicenda artistica di Rondani e indica, credibilmente, attorno al 1530 l’epoca di esecuzione della nostra tavoletta; in essa, come nella pala raffigurante la Madonna col Bambino e i santi Agostino e Gerolamo (inv. 70, scheda n. 152), lo studioso britannico individua, infatti, numerosi punti di contatto con gli affreschi della cappella Centoni in Duomo, commissionati al Rondani nel 1527 e terminati nel 1531.
Il dipinto è fortemente caratterizzato dall’enfatica drammatizzazione dell’evento espressa nei gesti repentini e nelle pose ricercatamente complesse dei pastori, dalla fisionomia quasi grottesca dei larghi volti degli stessi cui fa da contrappunto la fragile grazia del viso dell’angelo, dalla pennellata dura che segna senza mediazioni il passaggio fra luci violente e ombre nette, dal paesaggio ben articolato che sviluppa in diagonale la composizione. Questi elementi mostrano come Rondani abbia elaborato un’individuale, quantunque eccentrica, risposta alla disciplina classica (Russell 1976) e come il suo linguaggio si sia sostanziato di diverse suggestioni e non esclusivamente nutrito, come spesso si è voluto dire, dell’imitazione correggesca. L’ampiezza e la profondità del paesaggio, illuminato da improvvisi bagliori, rammentano esperienze fiamminghe e dossesche; ancora a Dosso e forse ad Aspertini rimanda l’espressività un po’ allucinata dei visi dei pastori; e anche un po’ del giovane Parmigianino (pensiamo alla Conversione di san Paolo di Vienna o alla Visione di san Gerolamo di Londra) pare trapelare dalle pose dei pastori e dalle astratte deformazioni delle loro membra.