- Titolo: Annunciazione con i santi Caterina e Sebastiano
- Autore: Alessandro Araldi
- Data: Fine XV secolo
- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensioni: 197 x 145
- Provenienza: Parma, chiesa di San Luca degli Eremitani
- Inventario: GN122
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Rinascimento in Emilia Ala Nord Ovest Bassa
Il dipinto in passato fu attribuito alternatamente all’Araldi e a Lodovico da Parma (ora identificabile in Lodovico Marmitta), e con questa incerta paternità nel 1841 venne ceduto alla Pinacoteca dagli eredi Ferroni per 1500 lire (Atti dell’Accademia 1839-1846).
In precedenza, prima delle soppressioni napoleoniche, la tavola si trovava nella chiesa di San Luca degli Eremitani e dalle note di Francesco Bartoli, aggiunte a margine per una ristampa nella Guida del Ruta (1780), conservata fra le scritture di Baistrocchi presso l’Archivio di Stato, si ha notizia che il dipinto non era propriamente collocato su un altare (era forse in origine in un’altra chiesa?), ma si trovava “entrando per la piccola porta dello stanzino dove pendono le corde delle campane”. Il Bartoli tuttavia la indicava come opera di Alessandro Araldi, mentre l’Affò (1796) negli stessi anni la considerava di Lodovico da Parma e ancora Ricci (1896) – a differenza del Martini (1875) e del Pigorini (1887) – la proponeva al quasi sconosciuto Lodovico, figlio di Francesco Marmitta nato nel 1503, pittore e intagliatore di cristalli e gemme antiche, che il Malvasia diceva educato a Bologna presso la bottega del Francia (Bentivoglio Ravasio 1995, pp. 351, 352, nota 5).
Ad assegnarlo definitivamente all’Araldi fu il Venturi (1914), e il Suida (1928) vi trovò corrispondenze con un altro quadro da lui proposto al magister Alessandro conservato in Austria nel monastero di Heiligenkreuz, che la Ghidiglia Quintavalle (1958) nell’ampio saggio dedicato all’artista accettava fra le opere della maturità.
In mancanza di testimonianze pittoriche di Lodovico Marmitta, non possiamo che confermare le strette corrispondenze di questa tavola con le opere certe di Araldi; nondimeno occorre ricordare che in ben tre atti notarili datati 1501 riguardanti Francesco Marmitta Alessandro Araldi compare in veste di testimone (Bentivoglio Ravasio 1995, p. 349) e questi documenti recentemente resi noti paiono aprire altri orizzonti, non solo di accertata conoscenza fra i due artisti, ma forse anche di stima e collaborazione fra le loro famiglie. Tale ipotesi può essere avvalorata dalla scelta di commissionare all’Araldi nel 1516 (quando ormai il Marmitta era morto da oltre dieci anni) la pala per la cappella Centoni in Duomo affidatagli dal nobile Lodovico, certamente discendente di quel Francesco Centoni che aveva sposato Antonia Marmitta, sorella di Francesco, morta vedova nel 1500 senza figli.
Il giovane Lodovico Marmitta potrebbe aver avuto in patria i suoi primi insegnamenti artistici, forse proprio dal maestro Araldi, ed essere giunto a Bologna nella avviata bottega del Francia su suo consiglio, trovando in quella direzione le affinità culturali più consone ai modelli educativi ricevuti.
Come nella pala Centoni, anche qui la Madonna è resa con grande dolcezza espressiva e gestuale, nelle forme chiuse delle mani sul petto e nei volumi rotondi modellati sotto l’ampio panneggio del manto. Nella tipologia rimanda a modelli bolognesi sempre di sentore peruginesco e la luce che incide il volto vibra come nelle tavole del Costa, mentre il segno nitido dei lineamenti suggerisce un confronto con la Madonna della tavola già in San Quintino, e ora al Louvre, unica opera pittorica di Francesco Marmitta (Bacchi-De Marchi 1995b, pp. 255-288).
L’impianto prospettico della tavola è simile a quello dell’Annunciazione del 1514, ma in questa la disposizione sparsa delle figure richiede una maggiore attenzione nella lettura del programma iconografico. La presenza di San Sebastiano – il cui corpo emerge con sfumata purezza cromatica da modelli di matrice umbra – quasi al centro della scena apparentemente sembra non avere alcun legame con il tema dell’Annunciazione e tanto meno con la Santa Caterina d’Alessandria in primo piano a sinistra. Fra loro non vi è dialogo né di sguardi, né di gesti, se non che entrambi volgono il volto verso la Vergine. Sembrano figure ritagliate da altre invenzioni e assemblate nel tentativo di unire nello stesso quadro più elementi tematici: forse la cappella destinata a contenere l’opera era titolata a Santa Caterina o forse il dipinto venne eseguito in occasione di una grave pestilenza (come quelle del 1505 e del 1528 in cui morì Araldi), attestata dalla presenza non solo di San Sebastiano, ma anche da San Rocco raffigurato in dimensioni minori al limitare del sentiero.
Anche il paesaggio è ancora tipicamente padano e la resa della vegetazione e la tipologia dei monti rimandano al fondale ideato da Araldi nella sopraccitata pala Centoni. A conferma di altri riscontri con le sue opere vi è inoltre la figura di Santa Caterina, molto simile alla santa omonima della Cella in San Paolo, dipinta nella scena della Disputa davanti all’imperatore Massimino, sebbene qui sia più armoniosa nelle forme e più curata nel disegno. Anche l’angelo che plana dall’alto risponde a un modello consueto, molto vicino a quello dell’affresco con la Natività, staccato dalla badia di Paradigna e anch’esso esposto in Galleria con l’attribuzione al maestro parmense (vedi schede nn. 117 e 118).
Fra i vari documenti riguardanti incarichi pittorici all’Araldi, occorre ricordare che nel 1500 il pittore stesso affermò di aver ricevuto per dipingere un’ancona in San Quirino “elemosine secrete L. 9, più alcuni oggetti di vestiario per un valore di L. 10 imperiali (Libro di San Quirino, trasc. da Affò-Ravazzoni, Ghidiglia Quintavalle 1958, p. 293). Del dipinto di cui si è persa traccia già nel XVIII secolo, non era indicato il soggetto, ma Ghidiglia Quintavalle (1958, p. 295) ne riferì sostenendo che fosse una Annunciazione, forse pensando di identificarlo con quello citato invece nella chiesa di San Quintino e così descritto sia da Ruta (1780) che da Baistrocchi (1780, f. 61) “nella prima cappella in faccia alla porta laterale vi è una antica Annunciazione di A.Ar. Parm.no”, opera tuttavia oggi dispersa.