Il dipinto presenta numerosi ritocchi alterati che ne compromettono una piena leggibilità. Tuttavia, già Ricci (1896) nutriva poche speranze circa la sua appartenenza a Francesco Albani, sotto nome del quale era pervenuto alla Pinacoteca una quarantina d’anni prima.

Si tratta di una replica dal quadro che Albani eseguì intorno al 1645 per il marchese di Menars in Francia, in seguito pervenuto all’Ermitage di San Pietroburgo (inv. 86; cfr. Puglisi 1983, n. 145). Quest’ultimo dipinto, firmato, è a sua volta una variante dall’Annunciazione cosiddetta “dal bell’angelo”, eseguita nel 1633 per la chiesa bolognese di San Bartolomeo dove tuttora si conserva (cfr. in Maestri della pittura… 1959, n. 5), uno dei testi fondamentali del classicismo bolognese per l’aulico contemperamento di garbate attenzioni naturalistiche filtrate entro un superiore calcolo formale, che, senza pervenire all’astrazione idealizzante di Guido Reni, l’Albani aveva potuto ricavare dalla frequentazione dell’Annibale romano e dalla riflessione sui modelli da lui lasciati all’elaborazione della scuola.

Se, nell’impossibilità di un esame diretto, il giudizio circa l’eventuale autografia del dipinto di Parma era lasciato ancora in sospeso da Puglisi (1983), la fattura allentata lo qualifica, al di là del non buono stato di conservazione, una replica di bottega dal prestigioso originale testé citato, da affiancare ad altri numerosi prodotti consimili che dimostrano la fortuna incontrata a livello collezionistico dal pittore bolognese.

Bibliografia
Ricci 1896 p. 88;
Quintavalle A.O. 1939, p. 292, n. 208;
Puglisi 1983, p. 301 n. 146
Restauri
1999 (Lab. Restauro Dipinti)
Scheda di Daniele Benati, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.