- Titolo: Annunciazione
- Autore: Antonio Allegri, detto il Correggio
- Data: 1524-25 circa
- Tecnica: Affresco trasportato su tela
- Dimensioni: cm 157 x 315
- Provenienza: Parma, antica chiesa dell’Annunciata (fuori le mura, demolita nel 1546)
- Inventario: GN758
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Parma al tempo dei Farnese
Riprendendo il citatissimo Vasari (1568): “…nella medesima città nella chiesa de’ frati de’ Zoccoli di S. Francesco, che vi dipinse una Nunziata in fresco tanto bene, che acadendo per aconcime di quel luogo, rovinarla, feciono que’ frati ricignere il muro atorno con legnami armati di ferramenti, e tagliandolo a poco a poco la salvorono, et in un altro loco più sicuro fu murata da loro nel medesimo convento”.
Suggestivo cronista il Vasari, anche se talvolta non molto preciso, in quanto la storia racconta che fu Pier Luigi Farnese, poco tempo dopo l’istituzione del ducato, a dare ordine di abbattere tutti gli edifici vicini alle mura della città dove eventuali assalitori avrebbero potuto trovare riparo, compresi quindi tanto la chiesa che il convento, il che avvenne, malgrado l’opposizione dei francescani, nel 1546. Solo a partire dal 1566 la comunità conventuale poté dare avvio all’edificazione della nuova Annunciata in “Cò di Ponte”, terminata nel 1616.
Qui fu nuovamente murato l’affresco correggesco e collocato a sinistra dell’ingresso, in una posizione non esente da rischi conservativi perlopiù dovuti a scarsa aerazione e umidità, più volte denunciati nel corso degli anni, tanto che fin dal 1832 (Martini 1871) la locale Accademia di Belle Arti aveva fatto richiesta di averlo, trasporto che si concretizzò poi soltanto nel 1875. Di per sé il recupero dimostra l’assoluta considerazione che in città si aveva per il lavoro di Correggio già a partire dalla metà del ’500, un ventennio circa prima del “salvataggio” dell’Incoronazione, e non è da escludere che i benedettini siano stati spinti dall’esempio dell’Ordine concorrente, sfatando il mito dell’artista non riconosciuto; inoltre l’esistenza stessa di una sua opera in una chiesa già allora ricca di importanti exempla della cultura pittorica del nord Italia (quali la Sacra Conversazione di Cima da Conegliano ovvero la pala di Francesco Zaganelli), implicitamente ne legittima il ruolo e il successo.
Unica opera parmense di committenza francescana (ma la sua prima pala importante, la famosa tavola oggi a Dresda, era stata eseguita per i francescani di Correggio nel 1514), la nostra lunetta presenta una superficie molto fragile e deleta, tanto che una corretta lettura richiede il confronto con il disegno preparatorio (New York, Metropolitan Museum, inv. 19.76.9) di grande qualità e finezza esecutiva (a penna e inchiostro bruno, con lumeggiature a biacca su fondo preparato e quadrettato a sanguigna), vicino per caratteristiche formali ai disegni del sottarco Del Bono (Di Giampaolo – Muzzi 1988, schede nn. 54 e 51-53). Il confronto suona a ulteriore conferma per una datazione al 1524-25 circa, peraltro oggi quasi concordemente accettata, considerando anche che il linguaggio formale che anima la lunetta risalta di colori, gesti, la docile sottomissione della Vergine, figure, l’atletico adolescente angelo biondo, la colomba raggiante, emozioni, ancora tutti impregnati dei pensieri del periodo di San Giovanni, quello che in qualche modo si chiuderà con l’apertura del cantiere del Duomo. Ma c’è forse un elemento in questa Annunciazione, dalla prospettica inquadratura toscana aperta sulla campagna lontana come nei veneti, che in una certa misura fa da ponte fra le due diverse stagioni artistiche del pittore. Questa icona, questo segno forte, è la nuvola, che sostiene l’ingresso turbinoso dell’angelo, effetto quasi ripreso da una di quelle macchine teatrali che animavano le Sacre rappresentazioni sulle piazze e nelle chiese, così care proprio ai francescani fra l’altro. Certo la nuvola è centrale anche nella cupola di San Giovanni, ma è fissa, ferma, architettonica nella sua densa materia opaca e compatta, la nostra invece (come poi sarà nel trionfo celeste della cupola del Duomo) è mobile e mossa, sfilacciata e agitata, trasparente e avvolgente, circolante fra le persone e le cose. Non più ostacolo, porta, tenda, passaggio obbligato, confine delimitato fra il divino e l’umano (Damisch 1972), da ora la nuvola sarà l’impalpabile veicolo luminoso capace di portare il divino nell’umano, di farlo circolare vibrante in un continuo intreccio fra terra e cielo, senza confini né limiti che non siano quelli della fantasia e della fede.