• Titolo: Alessandro e il suo medico Filippo
  • Autore: Joseph Denasde
  • Data: 1785 (II premio)
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: cm 98 x 148
  • Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
  • Inventario: 559
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: L'Accademia

Problematica risulta l’identificazione del pittore “Giuseppe Denasde Parigino dimorante in Roma” (Pellegri 1988, p. 215), che ottenne la seconda corona del concorso accademico di Parma nell’anno 1785.

L’Enciclopedia dello Zani corregge il cognome del pittore in “Dessaen”, e lo definisce di nazionalità fiamminga (1820, I, 7, p. 307). Sulla base di questa indicazione si potrebbe mettere in relazione questo pittore con il belga Gérard De San, il quale “nel 1783 e nel 1784 partecipa al concorso organizzato dall’Accademia di Parma, ottenendo ogni volta il secondo premio” (Coekelberghs 1976, p. 418).

Il pittore fiammingo ottenne effettivamente il secondo premio accademico nel 1783 (cfr. scheda n. 765), ma nel 1784 vinse la seconda corona la tela di Felice Giani. Si potrebbe perciò congetturare che De San abbia partecipato anche al concorso del 1785 con la presente tela, ma rimarrebbe da spiegare, insieme alla mancata citazione negli Atti di una seconda partecipazione al concorso, come invece avviene altrove, la diversità dei nomi propri e della nazionalità indicata, e soprattutto la distanza stilistica dell’Alessandro dal Ratto del Palladio, eseguito due anni prima. Il pittore organizza la scena a mo’ di fregio, desumendo dalla tradizione classicista francese, e in particolare da Poussin, pose e tipi dei personaggi, oltre all’articolazione ripetuta dei colori bianco, blu, oro e rosso. Al modello moderno si sovrappone la conoscenza dell’antico: il pittore dipinge Alessandro basandosi sui ritratti di Lisippo, e fa assumere posizioni statuarie alle figure.

La “dotta […] imitazione dell’antico” si esprime anche negli “accessori toccati con gusto” (Pellegri 1988, p. 215), nelle vesti e nelle ricche corazze, descritte con un certo puntiglio filologico e archeologizzante. I giudici avrebbero desiderato una composizione “più annodata […], fuggendo la linea perpendicolare, e più svelte le figure” (Pellegri 1988, p. 215): Denasde impostò la scena su un unico piano scandito dalla successione di figure “alquanto tozze” (Pellegri 1988, p. 215) e sostanzialmente isolate, accostate una all’altra in modo asindetico. Il dipinto è comunque un esempio piuttosto aggiornato di rappresentazione di un episodio di storia antica. Se veramente i dipinti vincitori del secondo premio nel 1783 e nel 1785 fossero opera di uno stesso pittore, si potrebbe misurarne il percorso verso uno spazio più definito e meglio organizzato e una pennellata più controllata e sorretta in maniera più sicura dal disegno. Il pittore avrebbe mantenuto alcune caratteristiche, come il “colorito florido” (Pellegri 1988, p. 197 e p. 215), la scelta di colori brillanti e preziosi, la genericità dell’illuminazione, la tendenza verso un uso decorativo della citazione dall’antico, e alcuni difetti: la poca cura nella definizione anatomica e nel rifinire i “dintorni” (Pellegri 1988, p. 215) e la raffigurazione di tipi umani piuttosto massicci. Mancando però riscontri e decisivi, ci affidiamo alla testimonianza degli Atti e alle caratteristiche stilistiche decisamente francesi del dipinto, e segnaliamo in Denasde un pittore aggiornato, anche se in termini diversi e meno concentrati rispetto a quelli di Vanche, sugli accenti del linguaggio neoclassico, sviluppato fra Roma e Parigi proprio in questi Anni ottanta del ’700.

Bibliografia
Hautecoeur 1910, p. 150;
Cirillo – Godi 1979d, p. 35;
Pellegri 1988, p. 215
Restauri
1979
Mostre
Parma 1979
Eleonora Onghi, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.