• Titolo: Adorazione dei Magi (copia da Rubens)
  • Autore: Anonimo veneto
  • Data: seconda metà secolo XVII
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: cm 77,2 x 112,8
  • Provenienza: Ignota
  • Inventario: GN 919/9
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Deposito

Di provenienza ignota, il quadro è segnalato sull’inventario corrente come opera di un pittore anonimo del XVIII secolo.

Molto danneggiato dalla presenza di tagli sulla tela di supporto, alcuni dei quali piuttosto ampi, e da una patina scura che ne ricopriva la superficie rendendo i “colori molto opacati” (come informa anche l’inventario suddetto), il dipinto risultava pressoché illeggibile.

Dopo il recente restauro, che ha condotto al consolidamento e alla rifoderatura della tela originale, alla pulitura della pellicola pittorica e al ripristino di alcune lacune, appare ora, nonostante i danni subiti, un’opera piuttosto interessante soprattutto dal punto di vista iconografico, ascrivibile alla seconda metà del XVII secolo.

La composizione in primo piano a sinistra, che comprende il gruppo della Sacra Famiglia e dei tre Magi è la copia di un quadro eseguito da Rubens fra il 1626 e il 1627 per la chiesa dell’Annunciazione di Bruxelles, su commissione della vedova del cancelliere del Brabante Pieter Pecquius. Venduto al re di Francia Luigi XVI nel 1777 il dipinto è oggi conservato al Louvre di Parigi.

La disposizione dei personaggi è la medesima, con i due Magi inginocchiati in adorazione del Bambino, la Madonna in piedi raffigurata nell’atto di mostrare il figlio e san Giuseppe, più discosto, alle sue spalle; analoga è anche l’ambientazione, che ha come sfondo un’architettura aperta su di un paesaggio notturno, illuminato dalle macchie più chiare delle nuvole all’orizzonte. Riprende da Rubens anche lo spunto dell’alabardiere sulla destra e dei tre uomini astanti in qualità di testimoni all’evento, di cui si intravedono solamente i volti che rivelano nella loro tipologia una notevole intensità espressiva.

Gli atteggiamenti dei personaggi appaiono però più statici e bloccati e anche i panneggi, ampi e morbidi nel dipinto di Rubens a definire le forme delle figure, risultano qui più rigidi, quasi incisi, tanto da far supporre che l’ignoto autore abbia fatto riferimento a un disegno o a una stampa piuttosto che al dipinto originale.

La presenza di un disegno preparatorio oggi proprietà dei coniugi Suida-Manning di New York è documentata dallo Jaffè ed è nota del resto la prassi dell’artista fiammingo di eseguire dei bozzetti, condotti talvolta fino a uno stadio preparatorio molto avanzato, per le composizioni di formato maggiore o per quelle da affidare alla realizzazione degli allievi. Tali modelli venivano da essi utilizzati anche per eseguire delle copie; dell’Adorazione dei Magi del Louvre esiste infatti una replica di bottega conservata al Künstmuseum di Göteborg.

I disegni del maestro servivano inoltre agli incisori che lavoravano per riprodurne le opere. Rubens conosceva infatti l’importanza della stampa quale mezzo divulgativo e quale strumento di promozione; egli stesso si era più volte ispirato per le proprie invenzioni alle incisioni tratte dalle opere di grandi artisti.

È dunque assai probabile che il nostro autore abbia conosciuto questo dipinto attraverso un’incisione e dovendo adattarlo a un formato orizzontale diverso da quello originale, forse per una richiesta precisa della committenza, vi abbia aggiunto il buffone vicino al frammento di architrave in primo piano e i personaggi posti sulla destra, che si affaccendano intorno a un cassone contenente vasellame e oggetti preziosi, mentre la figura maschile con indosso un copricapo di gusto orientale sembra additare la stella che brilla sopra il Bambino. Questi personaggi fanno parte del corteo a seguito dei Magi, che compare frequentemente nelle immagini di questo soggetto, spesso con grande ricchezza di particolari.

Se il trattamento delle figure rivela un’impostazione vagamente classicista, dal punto di vista stilistico l’autore procede invece in modo piuttosto libero, con un tocco rapido e veloce, variando la tecnica a seconda delle esigenze: l’episodio principale con la scena dell’adorazione è reso con una pennellata a corpo, densa e pastosa, che definisce con notevole precisione le forme e l’aspetto dei protagonisti.

La tavolozza dai colori caldi e intensi è resa più luminosa dall’aggiunta dei tocchi di bianco.

La zona in secondo piano, che funge solo da complemento narrativo al soggetto religioso, è invece dipinta per velature su una preparazione colorata molto sottile, con una gamma cromatica più spenta, in cui prevalgono i toni del bruno, creando un marcato contrasto chiaroscurale col primo piano. I personaggi, volumetricamente meno definiti, hanno dunque minore consistenza fisica e anche la resa espressiva risulta poco indagata e alquanto sommaria.

La ricerca di un particolare effetto luministico, accentuato dal balenare delle nuvole chiare sullo sfondo e compromesso, nonostante il restauro, dalla perdita delle velature di superficie, rimanda alla grande tradizione veneta, di Tiziano e Tintoretto in particolare, a cui si ispirano anche i numerosi artisti fiamminghi presenti in laguna per tutto il corso del ’600. Di chiara ascendenza veneta risulta anche la tonalità rosacea del manto serico indossato da Melchiorre, illuminato da una forte luce laterale che proviene da una fonte esterna all’immagine.

Bibliografia
Inventario… s.d.
Restauri
1999 (Coop. Il Metodo)
Scheda di Carla Campanini, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.