• Titolo: Addio di Anchise al figlio Enea e alla Sibilla Deifobe alle porte dell’Averno
  • Autore: Wilhelm Bottner
  • Data: 1780 (I premio)
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: 98 x 136
  • Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti; in deposito a Parigi, Ambasciata d’Italia
  • Inventario: Inv. 558
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Deposito

Il bando del concorso accademico di Pittura dell’anno 1780 proponeva come tema “l’Ombra di Anchise, che guida il suo figlio Enea, e la vecchia Sibilla Deifobe alla porta d’Avorio, per cui escono dall’Averno” (Pellegri 1988, p. 167). Ricordava la forte valenza emotiva del momento descritto, ed esponeva con precisione l’ordine in cui rappresentare i personaggi. Anchise sarebbe dovuto rimanere “indietro più presso alla porta, e la Sibilla, ed Enea più avanti” nell’atto di congedarsi dal padre “senza però renderle la mano, o tentar d’abbracciarla, ricordandosi, che nell’Eliso la vana immagine gli era di mano fuggita simile a leggier vento, e a veloce sonno” (Pellegri 1988, p. 167).

La formulazione così puntuale di un tema celebre può spiegare l’affinità d’impianto dei dipinti vincitori. Il primo premio fu vinto dal pittore tedesco Wilhelm Böttner, allievo a Kassel, fra il 1767 e il 1770, di Johann Heinrich Tischbein. Lasciata la Germania nel 1773, il pittore aveva vissuto per qualche tempo a Parigi, dove nel 1776 aveva vinto la medaglia d’oro per il concorso di Disegno presso l’Académie Royale. A Roma dal 1777, Böttner era stato allievo di Joseph-Marie Vien (1716-1809). Nel suo Winckelmann und sein Jahrhundert (Leipzig 1805), Goethe riferisce dell’apprezzamento espresso da Winckelmann per un dipinto di Böttner che rappresentava Giove e Ganimede, eseguito dal pittore nello stesso 1780 che lo vide vincere il concorso dell’Accademia di Parma. Il successo di Böttner nella competizione parmense e la segnalazione di Winckelmann attrassero l’attenzione di Friedrich Reiffenstein, che riuscì a procurare al pittore una pensione da parte di Federico II, langravio di Hessen-Kassel. Böttner rafforzò il legame con Kassel dopo il 1781, quando lasciò l’Italia: qui diventò pittore di Corte, professore e poi direttore dell’Accademia di Pittura.
Il museo di Kassel conserva molti dipinti di Böttner di soggetto mitologico, oltre che diversi ritratti. Nella tela parmense, il pittore costruisce una composizione armonica e misurata nella fisionomia e nel gestire delle figure, lodate dai giudici accademici. Alcuni dei personaggi descritti sono desunti in maniera pressoché letterale dal Parnaso di Raffaello, nella prima Stanza Vaticana, che il pittore aveva studiato con passione poco dopo il suo arrivo a Roma (Saur 1996, XII, p. 215), così come raffaellesca è l’eloquenza trattenuta e dignitosa dei gesti e degli sguardi che circolano tra i personaggi. La figura di Enea, al centro del quadro, esprime con la sua torsione la tenerezza del congedo dal padre, combinata con il dovere morale di “proseguire il […] viaggio verso le navi” (Pellegri 1988, p. 167), che scorgiamo nella marina che si apre sulla destra.
I giudici lodarono la composizione del dipinto, la cui struttura richiama la rappresentazione consueta dell’addio tra Orfeo ed Euridice ma, annotarono, avrebbero desiderato “nella Sibilla un’aria più senile, e nell’Enea un andar più sciolto nei panni, e una più esatta imitazione delle antiche celate, e delle agitabili creste che […] faceano terribil cenno dalla fronte dei Guerrieri” (Pellegri 1988, p. 169). Se in effetti la giovane donna dipinta da Böttner non corrisponde alla tipologia richiesta dal bando, si riconoscono nel quadro la “leggerezza del disegno, la vivacità del colorito e la grazia dei panneggi” (Nagler 1852, II, p. 33) che caratterizzano la pittura di Böttner, unite alla finezza nell’orchestrare le fonti di luce. La commissione riconosceva al pittore un “magistrale […] tocco” (Pellegri 1988, p. 169), in particolare nella conduzione dei due inserti paesaggistici laterali, che amplificano il sentimentalismo e la poeticità del momento descritto. Un recente restauro ha permesso di apprezzare la raffinatezza coloristica del dipinto, che ricorda da vicino le opere di Tischbein.

Bibliografia
Cirillo – Godi 1979b, p. 34;
Pellegri 1988, p. 169
 
Restauri
1978
Mostre
Parma 1979
Eleonora Onghi, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.