- Titolo: Accampamento militare
- Autore: Giuseppe Zais
- Data: seconda metà del XVIII secolo
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: 45 x 60
- Provenienza: acquistate per prelazione nel 1932
- Inventario: Inv. 1151
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Nel 1931 Antonino Sorrentino, direttore della R. Galleria, propose allo Stato l’acquisto delle due tele, che furono registrate l’anno seguente, avvalendosi del diritto di prelazione poiché le opere, appartenenti agli Ospizi Civili e provenienti dall’eredità Paralupi, erano state vendute senza il consenso della competente Direzione generale delle Belle Arti a un’asta dove l’antiquario parmense Zucchi le aveva comprate per lire 550 e poi cedute al Rondani, altro mercante locale (Archivio della Soprintendenza BAS di Parma e Piacenza).
All’epoca dell’acquisto Sorrentino collocò le tele, che per stringenti caratteri pittorici possiamo considerare della stessa mano, nell’ambito della scuola di Salvatore Rosa e dopo un intervento conservativo ne spostò l’attribuzione verso il Cerquozzi, ritrovandovi elementi affini con un’altra Battaglia conservata presso la Galleria di Parma (inv. 245; cfr. Fornari Schianchi 1999, p. 202), che ora, alla luce di maggior contributi critici su questo genere di pittura, classificato genericamente sotto il nome di pochi maestri, non può essere sostenuta.
Lo scontro di cavalleria, tipologicamente dedotto da modelli secenteschi, specie per l’azione di combattimento in primo piano con il solito aggrovigliamento di corpi e cavalli, è ormai di chiara cultura settecentesca, condotto con maggior respiro nel disegno allungato delle figure e nello sfrangiamento luministico della materia. L’artista, liberatosi da forme rigide e statiche nei gesti dei cavalieri, opera con estrema sicurezza per macchie di colore dalle tonalità chiare, rosa-azzurre miste a ombreggiature brune costruite con una pennellata nervosa, mescolando divise e insegne, senza alcuna possibilità di riconoscimento, delle due fazioni avverse. Unici elementi che permettono di confermarne la datazione al ’700 sono i copricapi a tricorno tipici dell’epoca che si ritrovano spesso sul capo anche dei cavalieri dipinti da Francesco Simonini, noto pittore parmense di battaglie, allievo del Brescianino e dello Spolverini, ma ben distinguibile da loro per il segno spezzato e filamentoso non solo nella produzione grafica, ma anche nelle soluzioni pittoriche (Zecchini 1976; Cirillo – Godi 1991, pp.54-55; Consigli 1994, pp. 419-421; Sestieri 1999, pp. 518-533).
Queste sue caratteristiche stilistiche trovarono molti consensi anche fuori i confini locali e a Venezia, dove soggiornò lungamente, ebbe come allievo Giuseppe Zais, veneto, antagonista dello Zuccarelli nella pittura di paesaggio, ma degno d’attenzione pure per una produzione di battaglie, sul quale fondamentale è il contributo critico del Martini (1972), fonte che è servita di recente a Sestieri per pubblicare un catalogo di immagini
di dipinti di battaglie, dove troviamo incluse anche due tele identiche alle nostre (nn. 6, 17). Sono quadri identificati con la sola indicazione didascalica – “già a Milano, sul mercato antiquario” – senza le misure e, dubitando che possano essere delle copie, è plausibile pensare che siano queste della Galleria Nazionale, acquistate a suo tempo a un’asta.
Il confronto con altre battaglie assegnate allo Zais è molto convincente e in particolare nella scena d’accampamento ritroviamo il suo tipico ritmo narrativo, con una materia liquida e scorrevole, brillante nei pochi tocchi del pennello che racconta l’episodio conviviale fra i personaggi femminili e maschili davanti alla tenda del vincitore, distinguibile tra le altre per la ghirlanda alla sommità. Soggetto che dovette godere di un certo successo e può essere riconducibile a un repertorio a stampa di tradizione nordica, da cui deriva anche il secentesco dipinto di Pieter van Bloemen, detto Stendardo, andato all’asta di Christie’s (Roma 13 dicembre 1988), in cui è raffigurato un accampamento simile, sebbene la nostra tela abbia i caratteri e l’eleganza spaziale di un’opera di pieno ’700.